Le notizie ci investono a getto continuo. Viviamo iperconnessi: lo smartphone che chiama senza sosta, il tablet sempre aperto, la Tv eternamente accesa, Internet attaccato 24 ore. Il rischio, nell'illusione di saperne di più del mondo che ci circonda, è perdere di vista la realtà. Soprattutto perché nel mare di notizie sempre più veloci, mentre gli eventi stanno accadendo, è sempre più difficile distinguere quello che è attendibile e verificato dalle bufale o anche soltanto dalle impressioni monche di chi sta assistendo a un evento il cui scenario cambia ogni minuto. C'è di più: nell'eccesso di stimoli informativi, da utenti, facciamo sempre più fatica a distinguere le notizie dal rumore di fondo. A questo proposito, un po' provocando all'insegna dello slogan "Le notizie di ieri, domani", Peter Laufer ci spinge a riflettere seriamente sul nostro rapporto con l'informazione. Il suo Slow news, Manifesto per un consumo critico dell'informazione, appena uscito in italiano, in anteprima mondiale per Sironi, ci dà dritte utili per privilegiare la qualità sulla quantità, prendendo a prestito la logica con cui Slow food nel cibo ha contrapposto al fast food la filosofia del buon gusto. Dottor Laufer, partiamo da un esempio attuale, il racconto della morte di Gheddafi: abbiamo vissuto l'overdose di informazione che sempre ci investe in caso di eventi clamorosi. Dov'è la trappola in questi casi? «Dato che la notizia del ritrovamento e della morte di Gheddafi era di portata mondiale, come sempre accade con le notizie d'ultimora, le Tv che dovevano coprire l'evento in diretta avevano l'esigenza di corredare di immagini il racconto. Cnn e Bbc (ma hanno fatto più o meno la stessa cosa le Tv all-news in tutto il mondo ndr) hanno replicato all'infinito immagini di ribelli che esaperavano i propri atteggiamenti in favore di telecamera». C'è stato qualcosa in quei racconti di cui, da spettatori e da giornalisti, avremmo davvero potuto fare a meno? «E' stato particolarmente bizzarro vedere il traffico di una strada di Misurata che si fermava in presenza degli operatori e ribelli che "recitavano la parte" davanti alle telecamere, esplodendo colpi dalle loro armi. Aveva qualcosa di osceno vedere queste azioni compiute ad uso della Tv, mentre chi narrava parlava di morti e feriti lì vicino. Ovviamente molti ribelli libici stavano davvero combattendo lontano dai riflettori, ma quella scena in particolare non ha aggiunto all'informazione sulle effettive condizioni normali». La filosofia di slow news, figlia di quella slow food, propone qualità contro quantità. Non teme che nell'era della connessione perpetua, tutto questo venga bollato come "vecchio"? «Sono un giornalista: capisco il brivido e la potenziale importanza sociale dello scoop. Mi rendo conto che abbiamo bisogno di vendere giornali e di tenere avvinti telespettatori e cybenauti per rimanere sul mercato, ma come utente dell'informazione capisco anche che il mio equilibrio ha bisogno di prendere una tregua dalla sovresposizione quotidiana ai dettagli delle disgrazie del mondo». Ma è realistico pensare che la corsa all'ultimo gadget tecnologico per restare sempre connessi possa rallentare, o è una guerra già persa? «Lo è solo se permettiamo a tutto questo di invadere la nostra vita. Dal ciclo dell'informazione attiva 24 ore su 24 non si torna indietro, sarà sempre lì, ma sta a ciascuno di noi decidere quanto e quando rimanervi esposti». Molti giornali stanno morendo, molta gente non riesce più a capire perché dovrebbe pagare per avere informazioni che trova, o meglio crede di trovare, gratis su Internet. Pensa che saranno disposti a pagare per un'informazione di qualità? «Saremo costretti a pagare per avere informazione di qualità. Lo facciamo già tramite contatti, annunci pubblicitari, abbonamenti. Il problema è che fare informazione costa, il gossip è gratis, molte cose che su Internet scambiamo per notizie sono gossip. C'è un'altra buona ragione per aderire al movimento Slow news: distinguere le notizie dal rumore di fondo». La qualità e la verità pretendono notizie verificate. Ma la verifica costa tempo e denaro. Avremo lettori disposti ad aspettare, a fare lo sforzo di distinguere notizie dal rumore, quando prendere per buono il rumore non richiede alcuno sforzo? «Non sto cercando di far crescere un movimento basato sui grandi numeri, sto solo offrendo alcuni criteri razionali per coloro che rischiano di venire travolti dai prodotti seducenti che spacciano bufale travestite da notizie. Se riuscirò a salvarne uno solo, potrò considerare il mio lavoro un successo!». |