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Silvio Bernelli: I Ragazzi Del Mucchio e Roberto Perciballi: Come Se Nulla Fosse |
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Michele Giorgi, Hmp.it, 15.01.2005 |
www.hmp.it |
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Questi due libri hanno molte cose in comune: gli autori provengono entrambi dalla scena hardcore-punk italiana degli anni ottanta ed hanno militato in gruppi che quella scena hanno contribuito a creare e rendere famosa, entrambi raccontano in maniera autobiografica le vicende di musicisti impegnati a costruire qualcosa contando esclusivamente sulla propria voglia e passione, entrambi cercano di trasmettere quanto di speciale e peculiare ci fosse in quella scena ed in quel momento storico preciso, entrambi sfuggono la tronfia celebrazione di sé, preferendo presentare anche gli aspetti meno esaltanti (per non dire sfigati) della propria esperienza musicale e personale.
In realtà, tra tutte queste similitudini si pone una differenza che, proprio per l'argomento trattato, si rivela capace di rendere questi due racconti complementari ma diversi, vicini eppure in qualche modo lontani.
Difatti, laddove Bernelli con i suoi Declino respira già prepotentemente quella che è la filosofia hardcore e la sua attitudine più costruttiva che distruttiva, Perciballi nasce come punk, portando in sé i geni nichilisti e caotici di quel movimento anche nell'esperienza con i Bloody Riot. Ci troviamo perciò di fronte a due fasi successive della stessa storia, seppure distanziate da appena una manciata di anni.
Il romano Perciballi è un guastatore pronto a dare guerra a tutti: stato, borghesia, avversari politici, ex-amici incapaci di accettare la scena punk e la sua scorrettezza politica. Il torinese Bernelli è più costruttivo, meno iroso, probabilmente meno "outcast", pur nella sua vita ai margini della società benpensante.
Quelle che sono le basi dei due romanzi si dividono non solo per differente provenienza geografica, ma anche per peculiarità caratteriali e ambientali dei due autori. Ciò che, invece, accomuna e unisce è la voglia di esprimersi con la musica, una musica alla portata di tutti eppure per pochi, una musica che chiunque potrebbe suonare, ma che solo alcuni sono riusciti a rendere unica ed irripetibile.
Sembrerà strano, eppure quell'esperienza seppe davvero dare una scossa al mondo musicale e si ramificò ben più di quanto fosse lecito aspettarsi. Non è un caso se molte delle band che in quel periodo seppero farsi onore in Italia e nel Mondo sono ancora presenti nei ricordi e nelle influenze di famosi musicisti internazionali, ben oltre i confini di genere o scena come si potrebbe erroneamente pensare.
Leggere questi libri permette di rivivere e comprendere in parte il perché della magia di queste storie, una magia che risiede nell'assoluta normalità dei protagonisti, nella totale assenza del grosso gancio o dell'aiuto dall'alto, nella supremazia della voglia di fare e del "do it yourself", nella personalità profusa nel rielaborare e far proprie le influenze provenienti dall'estero.
Oggi, in relazione alle band emergenti ed alla loro possibilità di diventare famose, siamo abituati a pensare in termini di apparizione su questa o quella rivista, di possibilità di aprire per questo o per quell'altro big name di turno, di capacità di approdare a questa o quella grossa label straniera.
Declino e Bloody Riot non ebbero nessuna di queste possibilità: finirono su moltissime fanzine fotocopiate e fatte in casa con l'uso di forbici, colla ed al massimo una macchina da scrivere, suonarono insieme a gruppi di amici, pagandosi e organizzandosi da soli tour italiani ed uscite europee. Si autoprodussero da soli dischi e cassette, riuscendo al massimo a beccarsi un contratto con qualche intraprendente label indipendente italiana, piena di buona volontà ma dagli esigui mezzi.
Eppure i loro nomi sono entrati nella leggenda e riescono a fare ancora correre un brivido lunga la schiena di chiunque entri in contatto con la loro musica. Sarebbe un peccato perdere questa occasione di conoscerli e provare a capirli.
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