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Il romanzo di formazione del prete della Resistenza
Susanna Pesenti, L'Eco di Bergamo, 16.04.2013
Esce postumo «Il seminarista» di Luisito Bianchi, sacerdote e scrittore La storia di una vocazione religiosa al tempo di guerra, in un'Italia contadina

Per chi ha amato «La messa dell'uomo disarmato» di Luisito Bianchi, i suoi personaggi che in mezzo alla guerra civile riescono a salvare uno scampolo d'innocenza (solo ne «La Storia» di Elsa Morante c'è lo stesso senso di decenza umana), leggere «Il seminarista», inedito in uscita il
18 aprile per Sironi Editore, sarà un ritrovare gli amici e insieme andare alle fonti dell'opera maggiore. E anche alla radice biografica di certe scelte. La prima presentazione pubblica del romanzo è il 26 aprile, nella sala civica di Monte Marenzo (alle 21). Ambientato dal 1938 al 1945, dagli 11 ai 18 anni del protagonista, «Il seminarista» - la storia di unavocazione religiosa al tempo di guerra, in un'Italia ancora contadina - è romanzo di formazione e tenero riandare a quando il mondo sembra giovane perché gli prestiamo il nostro vibrare di vita. Ma è anche una prima affermazione letteraria del credo di Bianchi: se Dio si è fatto uomo, suo è il sangue dell'uomo gratuitamente versato per amore. E chi si ritrova salvato dal sangue di un altro, dalla vita di un altro, per non annegare nella riconoscenza può solo vivere secondo la legge della gratuità che ri-dona i beni che riceve. Non per espiazione, ma per esultanza, perché, dove ha abbondato il male, ha sovrabbondato la grazia.

Luisito Bianchi è morto l'anno scorso, la sera dell'Epifania, a Viboldone. Ma prima di seguire la sua stella, ha fatto in tempo a rivedere il testo del breve romanzo, scritto all'inizio degli anni '70
al tavolo di cucina della casa paterna di Vescovato, in provincia di Cremona. Sacerdote di irriducibile quanto silenziosa grandezza, musicista, sensibilissimo traduttore di Cervantes e San Giovanni della Croce (fino a passare una giornata di lavoro su una virgola per restituire al linguaggio tutta la potenza mistica nel rispetto della struttura originale del pensiero), operaio in una fabbrica chimica e poi infermiere (per non essere in debito della sua sopravvivenza con il Vangelo, secondo la tradizione paolina), uomo di intelligenza manifesta e nascosta dolcezza, diventò improvvisamente e inaspettatamente scrittore famoso passati i settant'anni, quando il suo fluviale romanzo sulla Resistenza, pubblicato per convinzione e non per lucro dall'editore Sironi, divenne il caso letterario dell'anno.
Da allora, scavando fra le migliaia di pagine scritte a mano, su agende dismesse e quaderni di scuola, sono venuti alla luce altri gioielli: «I miei amici» cronaca degli anni di fabbrica, raccolte di poesie, diari, saggi in forma di lettere. «Più entri nella scrittura e nel mondo di Luisito, più ti accorgi che non c'è nulla da tagliare: non c'è mai ripetizione, ogni dettaglio è funzionale al compiersi del discorso, come nei grandi romanzi dell'Ottocento», afferma Pier Carlo Rizzi, amico e scrittore di suo, che da anni si è con umiltà assunto il compito di copista elettronico della montagna di carta incantata. Rizzi, laico e lontano dalle cose della religione, atterrato dalla lettura della «Messa», era andato a cercare lo scrittore nonostante fosse prete. Ne è scoccata un'amicizia per la vita, un'inaspettata fratellanza che li ha portati, insieme alla famiglia Bianchi e ad altri amici, a concepire la nascita del Fondo Luisito Bianchi, accolto entro la Fondazione Dominato Leonense di Leno che fa riferimento alla Cassa Padana, Banca di Credito Cooperativo.
In seguito alla donazione degli eredi, la casa di Vescovato, ristrutturata in parte dalla Fondazione, diventerà sede del Fondo e centro studi. Vi saranno raccolti libri, biblioteca, manoscritti, corrispondenze, appunti e ogni altro materiale o documento in qualunque forma pertinente con Luisito Bianchi. Il fondo sarà digitalizzato e reso disponibile on line, mentre gli originali saranno consultabili a Vescovato.

«Siamo convinti - spiega Rizzi che è segretario del Fondo, nato ufficialmente il 13 febbraio scorso - che debba esistere un luogo dove i testi inediti e le edizioni originali, le fonti, possano essere conservati e tutelati in modo da costituire la pietra di paragone per ogni futura edizione, studio o ricerca. Nel caso di Luisito Bianchi questo è tanto più necessario perché in lui umanità, senso del sacerdozio, senso della storia e scrittura sono stati tutt'uno». Ancora ignoto, Bianchi,
il 25 aprile 1992, postillò così una raccolta di suoi scritti: «Se sono prete, e con il desiderio che
il mio sacerdozio non sia un'aggiunta o una sovrapposizione al mio essere uomo (posso dire: che
sia un tutt'uno?), lo debbo a quel tempo che ha un nome ben preciso: Resistenza».

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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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