La storia divulgativa, quella frettolosa pratica della memoria che poi si tramanda senza troppi riguardi verso i personaggi secondari, l'ha sempre dipinta come una donna molto religiosa, capace di influenzare e persino di frenare l'illustre marito, Charles Darwin. Poco più che una bigotta, devota parrocchiana e madre di dieci figli. Mai stereotipo fu più ingiusto e fuorviante. In questo libro Chiara Ceci, naturalista e storica del pensiero biologico, ci restituisce il sorprendente ritratto di una donna colta e intelligente che ha avuto il destino di attraversare quasi per intero l'epoca vittoriana, al fianco di un celebre cugino e marito. Il suo nome è Emma Wedgwood, rampolla ben educata della famiglia di ricchi imprenditori della ceramica che avevano trasformato il loro villaggio-azienda di Etruria in un modello dí welfare. Ma i Wedgwood furono molto altro per l'Inghilterra di primo Ottocento. Filantropi, illuminati, progressisti, erano di religione unitaríana e antitrinitaria, devoti cioè a una divinità tollerante che presiede all'ordine del mondo e garantisce vita eterna ai giusti, lasciando nel frattempo correre senza briglie il progresso scientifico e tecnologico. Già in settecentesca amicizia conn nonno di Darwin Erasmus, diedero i natali alla mamma del grande naturalista inglese, Susannah, scomparsa prematuramente, e a una schiera di donne emancipate che circondarono e addolcirono fin dagli inizi la vita di Charles Darwin. Furono il lato femminile della sua ascendenza e della sua storia personale. Il padre di Emma, Josiah Wedwood II, ebbe un ruolo chiave nel convincere il padre di Darwin a far partire quel ragazzo dalla carriera scolastica non proprio brillante per un viaggio che gli avrebbe cambiato lo sguardo sul mondo, umano e naturale. In Brasile entra subito in contatto con l'infamia della schiavitù e delle torture, rimanendone sconvolto. Al ritorno, spronato da Emma e dalle altre agguerrite cugine Wedgwood, diventerà un ardente antíschiavista e insieme finanzieranno campagne abolizioniste in madrepatria, nelle colonie oltremare e in Nord America. Emma nel frattempo studia, viaggia per l'Europa (anche in Italia per il Grand Tour), impara le lingue e la musica. Si sposa senza orpelli e cerimonie nel gennaio del 1839 e si trasferisce con Darwin a Down House nel Kent dal 1842. Ha quel tanto di senso dell'umorismo da conservare per sé il biglietto che Darwin aveva scritto, con cinico puntiglio, elencando pregi e svantaggi del matrimonio (concludendo che, tutto sommato, una moglie è pur sempre meglio di un cane). Lei è credente, mentre Darwin gli confessa ben presto il suo crescente scetticismo verso ogni religione rivelata. In due struggenti lettere di quelle settimane esprime al compagno tutti i suoi timori, confidandogli di aver paura che questa loro diversità possa separarli, se non in questa vita in quella ultraterrena. La scienza, annota Emma, non può spiegare tutto. Ma la strana unione dei Darwin e dei Wedgwood funzionerà anche questa volta e í due resteranno uniti per quarant'anni a Down. Affronteranno insieme sfide terribili, come la morte della secondogenita Annie, nel 1851, quando aveva dieci anni, così come la scomparsa di altri due bimbi in tenera età. Tra buone letture, ricette di cucina e serate al pianoforte, oltre ai sette figli rimasti Emma seguì giorno dopo giorno il travaglio ventennale dell'evoluzionista riluttante al suo fianco, tra esperimenti nella serra e lunghe ore di scrittura nello studio. Suggerì cautela nel trarre conclusioni non ancora suffragate dai fatti, ma nella sostanza lo incoraggiò. Lesse in anteprima le bozze dell'Origine delle specie, correggendo la punteggiatura un po' zoppicante. Per merito delle traduzioni di Emma, Darwin poté leggere le missive che gli arrivavano da diversi naturalisti italiani. Grazie a un lungo lavoro storico su fonti di prima mano, il libro, impreziosito da una prefazione di Niles Eldredge, non ha equivalenti nemmeno in lingua inglese. Il vasto materiale bibliografico e archivistico è stato abilmente condensato in meno di 250 pagine, di piacevole lettura. In questo affresco di un'epoca attraversata da cambiamenti epocali, dalle ferrovie alle biciclette di Cambridge, è bello vedere il grande naturalista nei panni, questa volta, del marito di Emma Wedgwood. Chiara Ceci, che vive a Cambridge e lavora alla Royal Society of Chemistry, ha inseguito la vita di questa donna vittoriana in tutti i luoghi dove si è manifestata, dalle atmosfere dell'infanzia serena a Maer Hall agli anni senili di nonna amorevole e vedova (morì nel 1896, quattordici anni dopo il marito), fino all'irrimediabile dolore per non poter riposare per sempre accanto al suo uomo, nel piccolo e delizioso cimitero nelle campagne del Kent. I funerali di stato avevano infatti accompagnato Darwin verso l'abbazia di Westminster e lei, in un gesto di indipendenza e di dissenso che illustra appieno il suo carattere, si era rifiutata di partecipare alle esequie. |