Il 29 per cento dei detenuti nei carceri italiani è tossicodipendente (dati del Dipartimento antidroga) mentre il 33,15% sconta una pena prevista nella legge Fini-Giovanardi (dati del Viminale). Negli Stati unti la percentuale dei carcerati per violazione delle leggi anti droga sale al 55%. Il fallimento della politica proibizionista e puramente repressiva della War on drugs concepita da Nixon ed esportata allegramente in Italia, dunque, è sotto gli occhi di tutti, e il suo destino di annichilimento in Europa ma anche negli Usa di Obama sembrerebbe essere ormai segnato. Eppure i tentativi di rianimazione non mancano, basti pensare ai recenti incontri tra il nostro capo dipartimento Giovanni Serpelloni e Gil Kerlikovskie, direttore Ondcp (Office for National Drug Control Policies) statunitense per rilanciare una cooperazione internazionale nella «lotta alla droga». Ma se si vuole capire Perché l'antiproibizionismo è logico (e morale) vale la pena leggere il libro di Persio Tincani, pubblicato dalla Sironi editore (aprile 2012, 18 euro). Un volume che «smonta le argomentazioni proibizioniste e ne smaschera un paternalismo e un moralismo difficilmente compatibili con una democrazia liberale», affrontando la questione dal punto di vista della filosofia, del diritto e delle libertà individuali. L'autore, che insegna Filosofia del diritto all'università di Bergamo, svela il moralismo «mosso da un illogico desiderio di controllo sociale» su cui si fondano gli argomenti proibizionisti. Anche se - non va dimenticato - la «guerra alla droga» è soprattutto un mezzo di arricchimento delle narcomafie. |