Abitiamo in un'era di mondo reso piccolo da grandi e rapide migrazioni, di natura che ogni tanto dà segni di ribellione. Si direbbe che conoscere un po' di geografia sia sempre più utile a decifrare quello che ci accade. E invece la studiamo meno di un tempo e appena possiamo ce la scordiamo. Ora però, Paolo Gangemi, autore di Piccolo libro delle curiosità sul mondo, matematico con la passione per mappe, annessi e connessi, prova a confutare divertendo (e divertendosi) i nostri pregiudizi consolidati. - Partiamo da una provocazione: al tempo del navigatore satellitare a che serve studiare la geografia? «A conoscere e capire il mondo, come sempre. Il Gps? Dipende da come lo si impiega: può impigrire è vero, ma anche aiutarci a guardarci intorno di più e meglio. E un po' come per la calcolatrice in matematica: faccio fare alla macchina la divisione, ma mi concentro sulla soluzione del problema».
- A proposito lei è un matematico, scrive di geografia: è un modo di ristabilire una contiguità storica? «Forse indirettamente, ma è soprattutto il modo per sfogare una passione coltivata fin da bambino». - La sua geografia è divertente, perché la geografia degli altri è considerata noiosa? «Temo che dipenda dal fatto che, come la matematica, non può prescindere da una fase di apprendimento noiosello: per la matematica sono le formule, per la geografia il processo mnemonico di cui c'è bisogno per capire dove sta che cosa: è vero che è più interessante quello che viene dopo, la parte relativa alla geografia umana e politica, ma se non sai dov'è Berlino difficilmente capisci le ragioni della sua importanza storica».
- Non è così per tutte le discipline? Perché solo alcune patiscono il pregiudizio? «Tutto quello che si impara comporta una fatica iniziale: per apprezzare Italo Svevo devi avere imparato a leggere, è noioso anche quello, all'inizio, solo che lo facciamo da piccoli e ne dimentichiamo la fatica. Il problema semmai è che non aver letto Svevo è considerato un po` infamante per una persona colta. Invece non sapere niente di matematica e di geografia per molti anche colti è quasi un vanto, come se fossero pignolerie e non pezzi di cultura. Eppure c'è molto umanesimo nella geografia: non esiste geografia senza storia e viceversa. Nel libro c'è tanta letteratura e molta umanità, anche gli elementi si umanizzano».
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