La malattia o morbo di Alzheimer – dal nome del suo scopritore che per la prima volta nel 1906 descrisse il caso di una donna di cinquantuno anni affetta da una forma sconosciuta di demenza – è una demenza progressiva invalidante più frequente nel soggetto anziano ma che può manifestarsi anche prima dei cinquant’anni. Coglie in modo conclamato circa il cinque per cento delle persone con più di sessant’anni: in Italia si stima che gli ammalati siano cinquecentomila. Si tratta di un processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule celebrali, rendendo a poco a poco l’individuo che ne è affetto incapace di svolgere una vita normale. La malattia di Alzheimer provoca un declino progressivo e globale delle funzioni intellettive associato ad un deterioramento della personalità e della vita di relazione. L’ammalato diventa completamente dipendente dagli altri e questo rende questa malattia un problema sociale di non poco conto. Nicola Gardini, che insegna Letteratura italiana presso l’università di Oxford, ha scritto un romanzo-testimonianza nel quale riferisce della malattia che ha colpito suo padre (Lo sconosciuto, Sironi ed., pp. 186, euro 14,00). È un libro molto toccante nella sua crudezza ed essenialità e potrebbe essere utilizzato come un testo di medicina per tutti coloro che studiano e vedono pazienti affetti da questa malattia devastante e nel contempo affascinante nelle sue molteplici e complesse manifestazioni. Il titolo fa riferimento ovviamente alla progressiva trasformazione del padre che poco a poco diventa uno sconosciuto. Quest’uomo perde la memoria, non riconoscendo quello che aveva fatto un minuto prima, fino a non essere più in grado di scrivere, ma solo di tracciare su un foglio una serie di sgorbi incomprensibili, non sa più usare le posate, mangia con le mani: il suo campo visivo progressivamente si riduce, non è più in grado di percepire la presenza del cibo che si trova ai margini del piatto. Quest’uomo non è più in grado di elaborare un discorso sensato, ma solo di pronunciare una serie di frasi senza senso, prive di una connessione logica. Non è in grado di rispondere in maniera consequenziale quando gli viene posta una domanda. Sostituisce i nomi propri delle persone e li ricombina in modo arbitrario. Il suo pensiero non è più in grado di tradursi in un linguaggio che sia comprensibile dagli altri. Quest’uomo è colto da una ipercinesia che lo spinge a ripercorrere infinite volte lo stesso tragitto, avanti ed indietro per un corridoio, il malato di Alzheimer è una sorta di vagabondo, che può camminare ininterrottamente per diversi giorni di seguito, senza mai sentire il bisogno di fermarsi. Soffre di allucinazioni, vede persone ed oggetti inesistenti, un giorno dice alla sua immagine riflessa in uno specchio: <>. Purtroppo la malattia di Alzheimer è sostanzialmente inguaribile, nonostante i molteplici approcci farmacologici tesi a recuperare i deficit di funzionalità di alcuni neotrasmettitori che starebbero alla base della malattia. Tra le terapie più innovative, si sta sperimentando da poco negli Stati Uniti un sistema che consente alla persona sofferente di Alzheimer di essere quotidianamente aiutata e stimolata nei propri ricordi, attraverso un filmato di 30-60 minuti contenente foto tratte dagli album di famiglia, video girati negli anni precedenti, nel quale viene raccontata la sua vita fino a poco prima della malattia. Nel filmato si mostrano anche i luoghi noti, come la propria casa, i volti dei familiari, parenti, amici. Questo filmato, fatto vedere più volte durante la settimana consente di ricordare al malato chi è, insieme alle persone ed ai luoghi noti, stimolandolo a livello cerebrale. |