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Come aiutare chi soffre di Alzheimer |
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Gianna Milano, Panorama, 13.12.2007 |
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Due libri affrontano il tema del rapporto fra il malato "derubato" della mente e i parenti che se ne prendono cura. Trovando nuovi modi per comunicare. |
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Prima di perdere l'uso della forchetta o del pettine, mio padre aveva perso quello della penna. Un giorno chiese a mia madre un foglio e una bic, zitto zitto si mise in un angolo del tinello a fare pratica... A un certo punto lei si accorse che piangeva. Gli tolse il foglio di mano e lo guardò. Era coperto da una serie di sgorbi, ghirigori brutti e ispidi, che dovevano essere parole. Ecco quello che restava della firma di mio padre». Così Nicola Gardini descrive, nel romanzo autobiografico Lo sconosciuto (Sironi), l'evoluzione della malattia, l'Alzheimer, che poco per volta sgretola la capacità dei padre di comunicare, ricordare, ma forse non della consapevolezza.
«C'è qualcosa che non va nella tua testa» gli aveva detto la moglie dopo una visita neurologica. Lui ne aveva preso atto, rifiutandosi di conoscere la natura di quel qualcosa. Di quella sua mente che si sbiadiva, congelandolo in un isolamento in cui le emozioni degli altri sembravano non raggiungerlo.
Gardini ci accompagna nel suo dramma, quello di quanti assistono alla rovina intellettuale di un congiunto senza riuscire a fare qualcosa che ne migliori le condizioni. «La dedizione con cui mia madre lo accudiva era sconcertante, ma più che d'amore si nutriva di un'illusione pericolosa, che stava mettendo a dura prova la sua stessa salute: credere che la malattia fosse destinata, chissà come, a sparire, o che comunque avesse una componente di intenzionalità».
A distanza di oltre un secolo, da quando fu descritta per la prima volta dal neurologo tedesco Alois Alzheimer, questa forma di demenza, la più frequente, che ruba memoria, parola, attenzione, orientamento, pensiero, rappresenta in una popolazione che invecchia una minaccia incombente. 1 malati in Italia sono oltre 500 mila: l'Alzheimer colpisce 1 persona su 20 oltre i 65 anni; 1 su 100 fra 65 e 74 anni; 1 su 14 fra 75 e 85 e 1 su 5 oltre gli 85. E la sua diffusione è destinata a raddoppiare ogni venti anni.
«Nonostante i progressi della ricerca, siamo lontani dall'aver composto il puzzle dell'Alzheimer. Conosciamo meglio i sintomi e le tecniche di diagnosi, ma ciò che occorre è creare intorno a malato e famiglia una rete assistenziale che non li lasci soli e cambiare la filosofia di cura, visto che farmaci risolutivi per ora non ce ne sono» raccomanda Gabriella Salvini Porro della Federazione Alzheimer Italia, che il 12 dicembre presenta a Milano il libro di Gardini.
Dalla cura al prendersi cura. «Chíedendosi se dietro un comportamento che disturba del malato c'è un bisogno fisico o un disagio psicologico, se ciò che per noi appare un'anomalia non sia un modo di comunicare, con l'unico linguaggio disponibile» scrive Orso Bugiani, neurologo, nella prefazione a "L'operatore e il paziente Alzheimer" (McGrawHill). Un manuale di due operatrici, Raffaella Galli e Mariarosa Liscio, per prendersi cura del malato, superando pregiudizi che lo vedono come persona priva di ogni capacità di comunicare.
«E' ragionevole invece ritenere che comunichi come può e stia a noi imparare a capirne il disagio, comportandoci con lui come sapremmo fare senza sforzo con un neonato » scrive Bugiani. Cercando, suggeriscono le autrici, di ristabilire un equilibrio rotto dal comportamento inadeguato: non cancellandolo, ma interpretandolo. «A volte può esprimere l'angoscia di non gradire l'ambiente e le persone, di sentirsi abbandonato, di avere paura. C'è ancora un individuo che soffre e ha la sfortuna di non saperlo dire».
Come succede al padre di Gardini, si può evadere dall'isolamento e trovare le parole per ristabilire un contatto con gli altri e con la propria vita. «Parlava con chiarezza, senza saltare una lettera... In quel momento era tornato normale, un uomo come tanti che parlava del suo passato» scrive Gardini, cui la malattia svela in un certo senso la vera identità del padre. Non più uno sconosciuto. |
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