SB C’è un momento che è quello che poi insomma, la critica, per molti articoli che ne hanno parlato, è il momento in cui con gli Indigesti facciamo la passeggiata sul pontile di San Diego, che è uno dei più lunghi degli stati Uniti, è lungo centinaia di metri. A piedi raggiungiamo la balaustra che c’è al fondo, dove ci sono alcune persone che pescano. E quello è stato il momento in cui ho capito che avremmo potuto sciogliere il gruppo in quel momento, che non saremmo mai andati più lontano di così. Partiti da Torino, dopo questo tour americano lunghissimo, complicatissimo, battagliato, divertente.. Insomma, alla fine tutte le avventure che si potevano vivere erano state un po’ vissute – non è così, probabilmente. Mi sarebbe piaciuto fare ancora un disco con gli Indigesti, purtroppo ci siamo sciolti prima - ma diciamo che nel libro quello è il momento in cui la storia finisce, nonostante poi ci siano ancora una ventina di pagine alla fine del libro. Quelle sono solo una sorta di elastico prima di tornare indietro, perché la fine di un libro è come un aereo che atterra. Prima bisogna aprire i flap, poi rallentare, poi pian piano si portano i viaggiatori a terra. Dario Castelletti Torino, primi anni 80. Un pugno di ragazzi ribelli e anticonformisti partecipa all’avventura musicale dell’hard core punk. Vogliono suonare violenti e veloci, stare insieme e fare casino, tenersi lontano dal business commerciale e autoprodursi dischi e cassette. Rispetto al punk anni 70 però non hanno alcun intento autodistruttivo. È lo Straight Edge, filosofia antidroghe importata dagli USA è il loro stile di vita. A vent’anni di distanza, Silvio Bernelli, bassista di Declino e Indigesti, due dei maggiori gruppi hard core punk italiani, racconta la loro vicenda e quella di tutto il movimento nel romanzo autobiografico I ragazzi del Mucchio. Fino qui, qualcosa di quello che potete trovare in rete scrivendo “I ragazzi del Mucchio”. Nell’intervista che seguirà troverete anche le suggestioni di un ragazzo diventato uomo, passando attraverso una vita impegnativa e piena di sfide, la prima e forse la più grande è quella della sua città Torino, che lo vedeva giovane e pieno di vita in uno dei suoi periodi storici più duri e controversi: i primi anni 80. “I ragazzi del Mucchio” di Silvio Bernelli è stato appena ripubblicato da Sironi Editore, è infatti alla seconda edizione dopo la prima del maggio 2003. Ndr: ieri l’uscita ufficiale della seconda edizione. Silvio Bernelli , Buongiorno SB Buongiorno a voi. Dario Castelletti Ciao come stai! SB Molto bene, grazie. Dario Castelletti Allora, il primo romanzo che hai scritto I” ragazzi del Mucchio”.. SB Sì, nel 2003.. Dario Castelletti Intanto ora riesce, e questo è un ottimo risultato, no? SB Sì, è una grandissima notizia, Diciamo che purtroppo il mondo di oggi è abituato a consumare in fretta le proprie merci mentre invece, mai come in letteratura, è importante quando un libro non solo riesce a trovare la sua strada nelle librerie e poi nelle librerie a casa delle persone, no, sugli scaffali, ma soprattutto riesce a trovarlo attraverso il tempo. Ecco, questa è una cosa veramente molto particolare. Non ho statistiche ma diciamo che “I ragazzi del Mucchio” ha trovato questa fortuna. Dario Castelletti Stavo pensando mentre parlavi che in realtà il libro ri-esce, nel senso che esce di nuovo, ed anche riesce in qualche modo.. SB È stata curata dall’editore una nuova edizione, quindi è stato deciso di toglierlo dalla collana a cui apparteneva e quindi ha una nuova copertina, è stato re-impaginato.. Ecco, diciamo che è cambiato tutto ciò che ha che fare con la forma del libro. Quindi in qualche modo esce di nuovo, anche perché finalmente ha la copertina giusta. Dario Castelletti Perché? S Perché quando era uscito la prima volta, l’editore aveva stretto un contratto con un fotografo, un artista italiano molto importante che si chiama Guido Guidi che aveva fatto tutte le copertina della collana. In effetti lui è una persona con uno guardo straordinario, il problema è che non sempre le sue immagini potevano andare d’accordo con tutti i libri, in particolare non andava molto d’accordo con questo, secondo me. Quindi quella che è uscita oggi è la copertina che io avevo proposto già all’editore molti anni fa e quindi adesso per fortuna, scaduto quel contratto, uscito il libro dalla collana, può uscire con quella che forse è la sua copertina originale. Dario Castelletti Certamente non dando indizi straordinari rispetto al libro, però più o meno lo inquadriamo ai nostri ascoltatori, alle nostre ascoltatrici? SB Quel libro è un romanzo autobiografico. È un libro che racconta una storia, la mia, cioè quella di essere stato un musicista hard core punk nella Torino degli anni 80, militando in alcuni gruppi molto importanti per quel genere di musica, per quel fenomeno, che erano il Declino e gli Indigesti, e quel libro racconta le avventure di quei due gruppi lì e anche l’inizio della storia di un altro gruppo che si chiama Negazione, che sono partiti da questa città difficile, era la Torino dei primi anni 80, e in qualche modo hanno scoperto il mondo, cercando di conquistarselo. Cosa che sul piano dell’avventura almeno, è certamente riuscita. Quei gruppi lì, usciti dalle cantine più disperate che uno possa immaginare, si sono poi trovati a confrontarsi con il pubblico un po’ di tutto il mondo per cui in quel libro vengono raccontate le tournee in Europa, soprattutto il grande in tour in America degli indigesti del 1986, 23 concerti da costa a costa. Dario Castelletti Organizzato come? Come avvenne il contatto? SB Quel mondo dell’hard core punk viveva una serie di contatti sotterranei molto stretti, una specie di pre-internet in qualche modo, tramite telefono e tramite lettere. E quindi quei gruppi che qui in Italia si esibivano comunque davanti a qualche centinaio di persone, avevano lo stesso pubblico nel resto del mondo, quindi ho suonato davanti a 5/600 persone oppure a 300 a Torino ma anche ad Amsterdam, a Los Angeles o che ne so, nel Nebraska. Quindi c’era un fortissimo senso comunitario ed era una scena molto molto coesa al proprio interno, permetteva ai gruppi che venivano da tutto il mondo di partecipare, di essere presenti un po’ ovunque. Dario Castelletti Economicamente? SB Dunque, se non ricordo male, in Europa prendevamo qualcosa come, nei primi anni 80, il corrispettivo di 500.000 lire dell’epoca a concerto. Diciamo che con una vita molto complicata, quindi accontentandosi di poco, vendendo le proprie magliette e i propri dischi, riuscivamo a pagarci questi tour che noi facevamo, che erano di solito brevi o non molto lunghi, quindi 10-15 date. Dario Castelletti A parte quello negli Stati Uniti.. SB Quello è durato in tutto, mi pare più di 40 giorni, perché avevano attraversato 35 stati e avevamo appunto fatto quasi 23 concerti un po’ ovunque, veramente. Da Chicago al Nebraska, al Kansas.. Dario Castelletti Pazzesco.. SB ...Per finire a Los Angeles, e a San Francisco. Come i Beatles! Dario Castelletti Senti, tornando a Torino, in che territori vi muovevate e diciamo, il tessuto urbano di riferimento qual era? SB Era un mondo vissuto molto a parte , quindi era un’avventura che si viveva un po’ per sé. C’era il centro d’incontro di Vanchiglia che organizzava questi concerti, a cui anch’io partecipavo come militante del movimento, come organizzatore, che riuscivano ad aggregare, a raccogliere tantissima gente. C’è questo esempio di questo concerto auto-organizzato degli MDC, uno straordinario gruppo di San Francisco - peraltro ancora in vita, ha fatto un bellissimo disco nel 2007 -. A quel concerto parteciparono ben mille persone. Io tra l’altro nell’organizzazione ero la persona che la sera contò il denaro e mi ricordo che avevo fatto la suddivisione tra i soldi che c’erano e il prezzo intero e venivano fuori 720 paganti. Una cosa straordinaria… Dario Castelletti Sì, una cosa straordinaria, ora non è più così. I motivi sono legati un po’ alla crisi, un po’ al fatto che c’è… SB Be’, non solo. Dario Castelletti No certo, non solo. C’è un tale accesso alla musica… SB È che la musica ha perso importanza… Possiamo dirlo? Dario Castelletti Questo è un argomento che se vuoi affrontiamo ma è anche vero che, rispetto al passato, tu dicevi che questa comunità pre-internet si cambiava lettere, si chiamava, aveva contatti in tutto il mondo. Adesso se sento per radio una canzone e voglio saperne di più del gruppo, scrivo il nome del gruppo su youtube e magari non mi viene neanche voglia di andarlo a vedere perché in qualche modo l’ho già visto, no? Un tempo era francamente diverso, quando arrivava qualcuno da fuori lo si andava a scoprire, adesso lo scopri in un nanonsecondo, poi la crisi, poi, anche, certamente quello che dicevi tu sull’importanza della musica… SB Con questo non vogliamo dire che non ci piaccia la musica! Dario Castelletti No, infatti, ma volevo rimanere su questo dato rispetto a Torino, Quella Torino lì, potremmo dire dei ragazzi del Mucchio, del periodo che racconti, è una Torino onestamente non facile da raccontare. Quella Torino dei primi anni 80 è l’embrione di quello che poi sarà il cambiamento da lì a dieci anni, no, per certi versi? SB A me è capitato molto volte di rispondere a questa domanda. Allora, la Torino di quel momento lì era una città veramente molto difficile, molto poco accondiscendente. Ovviamente offriva anche una grande sfida alle persone che avevano voglia di coglierla. Io ho un amico di quell’epoca, con cui avevo parlato proprio di questa cosa, si chiama Mimmo Calopresti, oggi fa il regista e quindi molti di voi lo conoscono. Noi discutevamo di questa cosa, di come fosse una città così sfidante che ti obbligava a fare qualcosa di veramente interessante e sentito per riuscire in qualche modo a uscire, per riuscire a tracciare la propria rotta fuori dall’ambito cittadino. E non è un caso che molti dei talenti che sono venuti poi fuori sul piano nazionale e non solo, vengano proprio da quella città così difficile. Quindi è un po’ controversa quest’analisi, però è così. Era una città molto dura ed essendo molto dura ti sfidava a dare il meglio di te. Dario Castelletti Senti, indigesti “Slide behind your eyes”, è il brano che ci andiamo ad ascoltare. Ce lo racconti? SB È l’ultimo brano registrato dagli Indigesti, non l’unico ma uno dei pochissimi registrati in inglese perché gli Indigesti cantavano in italiano, hanno fatto un tour negli Stati Uniti cantando in italiano e il disco che uscì negli Stati Uniti è un disco interamente italiano. Dario Castelletti I ragazzi del Mucchio, Silvio Bernelli, Sironi Editore.. Silvio, ti ringraziamo. In bocca al lupo. SB Ringrazio te e gli ascoltatori. Un saluto. |