Qual è la differenza tra un intellettuale che fa letteratura e un narratore? L’intellettuale conosce la materia letteraria e la manipola, scompone e ricompone sfruttando la familiarità con figure retoriche, parafrasi e analisi del linguaggio. Il narratore racconta storie. Il narratore di solito fa un altro mestiere perché questo lo aiuta ad essere lontatno e dentro le cose al tempo stesso. Il narratore utilizza come strumenti della sua scrittura ciò che la vita “altra” gli offre quotidianamente. Renzo Tomatis ( 1929-2007) è stato uno scienziato di fama internazionale, direttore dell’Agenzia per la ricerca del cancro dell’Organizzazione mondiale della Sanità e presidente del Comitato scientifico Medici per l’Ambiente. Insomma un medico e un ricercatore, in primo luogo, ma anche un narratore vero. La raccolta di racconti L’ombra del dubbio è preceduta da un intervento di Claudio Magris e da un’intervista con l’autore da poco scomparso. Segue una testimonianza del professor Paolo Vineis, esperto di biomedicine e autore di libri egli stesso. La medicina e la scienza hanno prestato da sempre molti cervelli alla letteratura. Mi vengono in mente Asimov, Clarke e Louis Ferdinand Cèline, tra i tantissimi. Nel caso di Tomatis ci troviamo di fronte a un narratore puro, un autore che, in questo libro, delinea quattro storie utilizzando alcuni comuni denominatori che lui conosce alla perfezione. Il primo tema ricorrente è quello dell’emigrazione. Tutti i personaggi abbandonano l’Europa e finiscono per lavorare negli Stati Uniti. Non si tratta di lavoratori generici o manovali, ma ricercatori e scienziati che però vivono il disagio e l’estraniazione al pari di chi è giunto oltreoceano con la valigia di cartone e le mani sporche di malta bastarda. Secondo comune denominatore: il mondo della ricerca. Arrivismo, corruzione, e deontologia svenduta al miglior offerente rappresentano il fosco quadro nel quale si muovono i vari assistenti, “aiuto” o comprimari in ascesa che devono navigare a vista in un mondo intorno a cui gravitano interessi di portata impressionante; con compagnie di produzione di tabacco e vernici che sono disposte a tutto pur di salvaguardare il valore del loro capitale a dispetto della salute di migliaia e migliaia di lavoratori o comuni individui e con interessi politici da cupola mafiosa.
Terzo elemento comune: il narratore non è mai dentro la storia ma la vive ai margini. È sempre un conoscente la pedina principale della scena. Il narratore, alla Carver, osserva e riferisce. Ci sono vedove, colleghi emarginati, isolati misantropi folgorati sulla via della medicina, integerrimi fatti a pezzi da sciacalli in camice bianco: tutti personaggi che la voce narrante incontra, frequenta e ricorda attraverso un racconto pulito ed essenziale, ma che risulta puntuale e avvincente anche nelle pagine che indulgono forse un po’ troppo sulle sfumature tecnico-mediche.
Alla base della letteratura di Tomatis resta un pessimismo selettivo imbrattato da un mondo che ha conosciuto fin troppo bene e che lui ha spesso sentito come crudele, così come lo sono i cacciatori nei riguardi del lupo di una poesia di De Vigny citata nell’ultimo racconto della raccolta.
Ma lo sguardo del narratore resta lucido, vigile e neanche del tutto immune al compromesso che regna nel mondo che ha deciso di testimoniare.
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