È un pregio sostenere, di un thriller, che è pronto per la trasposizione, cinematografica o televisiva che sia? Crediamo di sì, soprattutto perché ciò significa che l’opera in questione contiene, da un lato, una serie di personaggi in grado di reggere, ciascuno per suo conto, un proprio filo narrativo; dall’altro, un susseguirsi di situazioni che si evolvono secondo un meccanismo ad incastro e ad intreccio, ben congegnato, che tiene sempre il ritmo anche grazie a una buona dose di imprevisto, di sorprendente, elementi tanto più necessari in una storia che vira al “giallo”, anche se non solo. Ecco allora che Due colonne taglio basso (Sironi editore), in arrivo nelle librerie martedì, opera prima di Federica Sgaggio, giornalista veronese de «L’Arena» (dove lavora nella redazione Interni ed Esteri) rappresenta un debutto più che incoraggiante, una prova superata in souplesse. Per costruire una vicenda d’indubbio impatto, alla quale non manca nulla degli archetipi più tipici di un “giallo”. L’autrice pesca nell’ambiente che le è più familiare, quello della carta stampata. La categoria, o meglio la “casta” per dirla con Stella – Rizzo, è descritta con precisione ed enfasi spesso ironica ma di un’ironia che, neppure troppo sottotraccia, cela un velo di amarezza e, soprattutto, di profonda disillusione. Tanto più che, in questo caso, è proprio il mondo del giornalismo a essere messo sotto la lente d’ingrandimento prima, e sotto accusa poi, e non solo metaforicamente, visto che il vice-caporedattore della Gazzetta del mattino, prospero quotidiano di una città di provincia, un giorno viene trovato cadavere con la testa maciullata. La scoperta, agghiacciante quanto improvvisa, scatena, al di là dell’inevitabile caccia all’assassino, una ricerca ugualmente aspra dentro le dinamiche del giornale, universo nel quale gli addetti ai lavori scoprono ben presto una rete fitta e tortuosa, oscura e corrotta, di interessi, segreti inconfessabili, giochi di potere, compromessi, di proporzioni inusitate. Fortunatamente, come in qualunque realtà che si rispetti, non è tutto marcio neppure nel mondo della stampa. E così, alla fine le anime belle – come i protagonisti del romanzo, Fabrizio Strippani e Chiara Lucini, giornalisti della Gazzetta che vivono il loro mestiere con consapevolezza e onestà – avranno una loro rivincita. Aiutati in questo anche da un magistrato che è una delle figure più interessanti (con quel suo vezzo, nei momenti peggiori, di straniarsi dal mondo reale e rifugiarsi in uno scenario fantastico tutto suo) del romanzo. Sarà lui a dare lo sprint alle indagini mettendo in luce un reticolo di losche vicende. E il colpevole? Come nelle migliori tradizioni, è un insospettabile, la cui natura abietta viene smascherata a poco a poco, in un susseguirsi di indizi, sempre in gradi di tenere viva la suspence. Due colonne taglio basso si legge d’un fiato non solo per l’abile costruzione delle singole vicende ma anche grazie a una scrittura fluida, una narrazione tesa che scorre veloce, fatta di frasi secche, similitudini ad effetto, dialoghi incalzanti e capacità di sintesi, inevitabile retaggio di chi lavora nei giornali. Alla serrata costruzione del romanzo contribuisce anche lo scavo dei personaggi che lo affollano:dalla giornalista velleitaria e sfruttata all’editore potente e prepotente; dal direttore della Gazzetta tanto insipiente quanto diabolico allo scaltro maresciallo dei carabinieri. Il tutto, mentre le notizie continuano a correre, inseguite, acchiappate. Ingabbiate da chi di esse si nutre. Un’ultima annotazione: se il romanzo diventasse una fiction, il protagonista potrebbe avere il volto bello e malinconico di Kim Rossi Stuart. |