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Ma tu lo conosci Joyce? |
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Rosario Pantaleo, Il diciotto, 01.10.2006 |
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A volte non ci si chiede perché si decide di acquistare oppure di leggere un libro.
Una recensione letta su una rivista, il suggerimento di un amico, la raccomandazione del libraio, un regalo di compleanno, del tempo da fare scorrere velocemente, magari per un viaggio.
Altre volte la curiosità di un titolo, l’immagine accattivante della copertina, oppure… conosci l’autore che ti regala il libro dubitando che tu lo leggerai veramente. Invece il libralo leggi e ti piace e decidi di spendere qualche parola per raccontarlo a chi non lo ha letto e potrebbe esserne interessato. Giuseppe Braga, l’autore di Ma tu lo conosci Joyce?, ha costruito un libro di grande scorrevolezza attraverso il quale racconta le peripezie di uno scrittore dotato di talento (e chi leggerà il libro lo potrà constatare) da anni alle prese con concorsi, riviste letterarie, incontri inattesi, lezioni di scrittura, vicissitudini relazionali, problematiche affettive, dubbi e motivazioni, delusioni ed entusiasmi.
Le pagine scorrono davvero lievi e la lettura è assolutamente all’altezza in tutte le pagine del libro che è strutturato in capitoli che esprimono differenti momenti e situazioni di vita, riflessioni ed eventi, aspettative e delusioni.
Alla radice del racconto c’è l’entusiasmo per le proprie capacità, per l’evidente talento narrativo, per la capacità di sapere raccontare con garbo, arguzia e piacevolezza soprattutto quando si parla di vita/delusioni vissuta. Impagabile il capitolo Scrittori si nasce relativo ai libri che hanno fatto da battistrada alla passione letteraria dell’autore. Gli autori che hanno appassionato Giuseppe Braga appaiono sulle pagine del libro come attori principali capaci di suscitare una profonda gioia e spirito di emulazione da parte di Braga.
Autori come Dostoevskij, Marquez, Kerouac e la beat generation, Hemingway, Kafka, Joyce, Fante, Salinger sono stati uno degli elementi che hanno scatenato in questo giovane e talentuoso autore la voglia di cimentarsi con le parole. Ma c’è di bello che tra le parole spese in favore di autori famosi c’è anche l’elenco di tanti grandi autori non letti oppure non compresi. Fenoglio, Simenon, Agata Christie, Dante, Manzoni, Omero, Bellow, Mann, Conrad appaiono come giganti appannato non per loro demerito ma in quanto sfiorati oppure volutamente non inclusi nelle proprie scelte letterarie.
Questo mettere in piazza le proprie carenze non è un elemento di debolezza ma denota, invece, una grande onestà intellettuale. Cosa rara in una realtà in cui la millanteria è uno degli elementi basilari e profondi su cui la maggioranza delle persone pone le basi del vivere quotidiano.
La scrittura ironica di Braga, che appare in ogni pagina, è il fulcro del suo sentire letterario.
Non ci aspettano pagine di fragore narrativo, la penna non arriverà mai agli apici descritti da Hermann Hesse oppure alla sfrenata ed onirica follia di Charles Bukowski ma, certamente, la scrittura di Braga non delude e d appassiona.
È una scrittura solida e sincera che cerca di legare momenti di vita reale ed aspirazioni in divenire. Che cerca di lanciare messaggi nella bottiglia sperando che altri raccolgano il senso del suo scrivere e del suo immaginare.
Le sue parole sono ponti pronti ad accogliere e sostenere chiunque abbia la ventura di attraversare il desiderio di leggere parole non banali, trame non scontate, oppure che voglia trascorrere alcune ore condividendo con questo “giovane” autore le gioie ed i dolori di una professione meravigliosa quando si raccolgono i frutti del proprio lavoro oppure ingrata ed ostile quando la pagina scritta rimane nel timido ed offuscato limbo dell’oblio.
Attraverso la parola sagace ed accorta Braga ci introduce, infine, in un mondo ostico, duro, difficile, nel quale è difficile avere udienza per ottenere quell’attenzione che potrebbe fare cambiare la vita.
Scrittori famosi spesso non sanno scrivere (forse scrivono altri ma l’immagine di determinate persone è il marketing che rende possibile l’operazione commerciale), godono di innaturale ed immeritato successo; altri invece, capaci e dotati di una letizia letteraria di ottima spessore, sono spesso costretti alla finestra in attesa di un’occasione che, magari, non giungerà mai.
Dalla lettura di Ma tu lo conosci Joyce? emerge il mondo degli scrittori in itinere, di coloro, cioè, che viaggiano da un premio letterario all’altro, da un concorso serio ad uno implausibile, alla ricerca dell’affermazione che farà cambiare la propria vita.
Ma se anche questa occasione non verrà mai, certamente non cambierà la determinazione di coloro che pensano d’essere dei bravi scrittori, di potere avere l’occasione per dimostrarlo.
E Giuseppe Braga, francamente, bravo lo è davvero e questa sua fatica letteraria merita una doverosa ed attenta lettura.
E nessuno, garantisco, se ne pentirà…
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