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La mente? Un romanzo da brivido |
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Alessandro Zaccuri, Avvenire, 08.08.2006 |
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Tra un romanzo e un saggio, molti lettori scelgono d'istinto il secondo. Perché un romanzo, se va bene, mescola realtà e invenzione, mentre un saggio è tutto realtà, tutto cose, tutto informazione. Non va sempre così, purtroppo. Ma a volte va addirittura meglio. Radiant cool. Lo strano caso della mente umana (edito da Sironi nell'intelligente traduzione di Martha Fabbri e Massimiliano Pagan) è un romanzo che si apprezza davvero soltanto in virtù del saggio che lo accompagna e viceversa. L'autore, Dan Lloyd, è un docente di filosofia del Connecticut che da tempo si interessa al problema della coscienza individuale, lo stesso che negli ultimi anni sta ugualmente appassionando neuroscienze e letteratura. La domanda di partenza può essere quella sull'identità personale («chi è io?»), da integrare immediatamente con quella («perché io?»). Può sembrare difficile, ma non per il lettore di Radiant cool. La prima parte del libro di Lloyd, intitolata "Il brivido della fenomenologia", è infatti un thriller in piena regola, niente affatto inferiore all'offerta media del mercato quanto a costruzione di trama e personaggi: c'è una bella ricercatrice universitaria, Miranda, convinta di aver visto il cadavere del proprio mentore accademico, ci sono scansioni cerebrali e segreti inconfessabili, una psicologa un po' troppo sicura di sé e un "visiting professor" russo ancora affezionato ai metodi del Kgb. E c'è perfino l'autore, il filosofo Dan Lloyd, che entra in scena come personaggio. Tutto ruota attorno a un sofisticato protocollo di ricerche sulla coscienza, lo stesso che il predetto Lloyd, dismessi i panni dell'autoritratto di invenzione, illustra nella seconda parte del libro, “La lucciola reale", che è appunto un saggio, per quanto benissimo raccontato. Un passo dopo l'altro, il lettore viene persuaso dell'inadeguatezza degli strumenti di indagine finora adoperati in questo campo e della necessità di utilizzare in modo più critico alle tecnologie a nostra disposizione, prima fra tutte, l'MRI, la mappatura multidimensionale che permette di apprezzare la complessità dei processi cerebrali. Non c'è la pretesa di indicare una risposta, anche se Lloyd assegna particolare importanza all'elemento temporale in quanto caratteristico dei processi di coscienza, ma di sicuro subentra un rovesciamento di prospettiva in seguito al quale la letteratura pare addirittura prevalere sulle neuroscienze. Per l'applicazione di criteri interpretativi anziché meramente descrittivi, anzitutto, ma anche e specialmente perché – come ammette Lloyd nelle utlime righe del libro – «il più accurato esperimento mentale è un romanzo». Non a caso, almeno una delle espressioni alle quali lo studioso fa ricorso è pressoché identica a quella adoperata da Stephen King in «On writing», il suo magnifico memoir di qualche anno fa: «la scatola degli attrezzi». Servono al narratore per costruire una storia, servono al ricercatore per capire in che modo il cervello racconta a se stesso la storia della mente. E anche i concetti fenomenologici di ritenzione (ciò che crediamo di prevedere nel futuro) sono stranamente simili a uno dei trucchi suggeriti da King all'aspirante romanziere: inserire nel corso del racconto un dettaglio apparentemente insignificante, ma che resti impresso nel lettore, fino a rivelarsi decisivo per lo scioglimento della trama. Proprio come accade a Miranda, l'affascinante protagonista di «Radiant cool», la quale inizia a leggere un testo pensando che sia soltanto una storia e poi, una riga dopo l'altra, si rende conto che quella, e proprio quella, è la sua storia. |
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