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RACCONTARE L’ITALIA |
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sergio Rotino, Fernandel, 03.09.2002 |
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Intervista a Massimiliano Bianchini, direttore editoriale Sironi editore |
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Perché, dopo anni di lavoro come Alpha Test, avete voluto aprire una collana di narrativa?
A dire il vero in questi quindici anni di attività abbiamo dato vita a molte iniziative, spesso in ambiti diversi anche se contigui. Per dirti, all’iniziale attività di formazione si è affiancata, all’inizio degli anni Novanta, quella editoriale, che oggi è l’aspetto per noi più importante. In seguito abbiamo avviato un centro di orientamento scolastico-professionale e, più recentemente, alcuni progetti di e-commerce e di formazione on-line. Questi progetti (tutti ancora in ottima salute) ci hanno incoraggiato a intraprendere nuove iniziative, gestendole completamente al nostro interno, dall’ideazione alla realizzazione. Questo modo di procedere, a mio avviso, costituisce proprio una delle ragioni importanti della crescita che Alpha Test ha avuto negli anni.
Ed è continuando in questa ottica che avete deciso di pubblicare narrativa?
Esattamente. Abbiamo deciso di dar vita a un nuovo marchio editoriale e di esordire con una collana di narrativa italiana, denominandola indicativo presente, soprattutto perché riteniamo che questa apertura ci offra un’interessante possibilità di crescita umana, professionale e aziendale.
Ma di quanta libertà potete disporre nei confronti della Alpha Test, che è la vostra casa madre?
Il gruppo che si occupa di indicativo presente è composto da una decina di persone, che attualmente si dividono tra Alpha Test e Sironi. Non vi sono vincoli particolari, se non quello di riuscire a portare avanti i lavori per entrambi i marchi, cosa che fino a oggi è stata gestita senza problemi.
Però ci saranno delle ragioni per cui non avete voluto utilizzare il marchio Alpha Test…
La motivazione principale è stata la necessità di differenziarsi da quel catalogo, visto che si tratta di prodotti e di pubblico di riferimento diversi.
Dopo una serie di ipotesi iniziali, abbiamo deciso di utilizzare come marchio il cognome di Alberto, Renato e Andrea (soci fondatori di Alpha Test). Una scelta attuata anche per testimoniare che questa nuova impresa non è per noi una semplice diversificazione, ma una scelta strategica.
Quindi i soci fondatori sono gli stessi della casa editrice maggiore, ma cambiano le responsabilità all’interno dei marchi?
No, in realtà le cose stanno così: Alberto Sironi è l’amministratore della società, suo fratello Renato è il direttore commerciale e io sono il direttore editoriale. Tra i soci inoltre vi è anche il terzo fratello Sironi, Andrea, che svolge un’attività esterna ad Alpha Test e che ricopre la carica di presidente.
5 Ci racconti velocemente da quali esperienze provenite?
Abbiamo tutti una formazione scientifica: Alberto, mio compagno di liceo, si è laureato in fisica e ha svolto attività di ricerca presso il laboratorio del Gran Sasso fino al momento in cui ha deciso di dedicarsi anima e corpo ad Alpha Test, fondata durante gli anni di università. Renato si è laureato in Odontoiatria e io in Scienza dell’Informazione. Professionalmente abbiamo iniziato a collaborare insieme ai tempi dell’università, condividendo la passione per l’attività didattica. Una passione travasata nei corsi di preparazione ai test di ammissione all’università e in molte pubblicazioni Alpha Test. La nostra è un’amicizia di lungo corso, se ci aggiungi la stima reciproca capirai come le due cose rendano la compagine societaria molto unita e affiatata.
Siete anche scrittori in proprio?
In effetti siamo autori di alcune pubblicazioni del catalogo Alpha Test…
Giulio Mozzi, aprendo la vostra “relazione programmatica” scrive: “Vogliamo fare una collana di libri che raccontino l’Italia com’è”. Non è una frase estremamente impegnativa, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto pratico?
Preferirei definirlo “manifesto letterario”, è un termine meno tecnico.
Vada per il “manifesto”.
Allora, quella frase traccia la rotta di tutta la collana. Secondo noi, l’avere fissato una direzione è il punto di forza del progetto. Se sarà possibile percorrerla per intero non posso dirtelo, perché non lo so: di certo ci proveremo. E comunque nel “manifesto” si dice anche: “A chi dubita che si possa credere ancora, dopo il Novecento, a una letteratura che racconta realisticamente il mondo, diciamo: Facciamo tentativi e approssimazioni”.
Ma, secondo voi, com’è questa Italia che vorreste fare emergere dai libri che avete pubblicato e che pubblicherete?
Non abbiamo la presunzione di offrire un’immagine oggettiva della realtà, ma quanto meno di darne una rappresentazione complessa e soprattutto non spettacolarizzata, a differenza di ciò che fanno i media.
Non vi sembra che l’istanza realistica cui fate riferimento nella giovane narrativa italiana esista di già e sia anche molto forte? In cosa si distingue la vostra idea da quella delle altre case editrici?
Ci siamo mossi in questa direzione perché riteniamo vi sia un vuoto da colmare. Non parlo di un’assenza totale: Fernandel è la prova che non siamo soli. Ma di certo c’è molto lavoro da fare.
Sinceramente, pensate che i narratori italiani non abbiano capacità di raccontare l’Italia e le “immaginazioni” dell’Italia?
Se lo pensassimo, non avremmo dato vita a questa collana.
Cosa c’è dietro la vostra voglia di fare libri “profetici”?
Eh, non certo quella di prevedere il futuro: in giro ci sono già abbastanza ciarlatani. Quello che ci preme è di indagare su ciò che ci accade intorno, interrogarci sul presente, non fermarci alle apparenze, non lasciarci depistare, andare al cuore delle cose. Insomma, vogliamo vederci chiaro.
È per questa voglia di “vederci chiaro” che dite di provare fastidio verso i romanzi ottocenteschi?
Tra noi e la realtà oggi si frappongono molti più schermi. Per penetrarli occorre uno sguardo più disincantato. Anche gli strumenti d’indagine del reale a nostra disposizione sono mutati e il loro utilizzo ci pone dinanzi a nuove problematiche. Come puoi vedere non c’è da parte nostra alcuna condanna dell’Ottocento. Solo la consapevolezza di una innegabile diversità.
Altra cosa che colpisce nel “manifesto” è il vostro desiderio di pubblicare libri che contengano storie di passioni e non di sentimenti. A mio avviso si corre il rischio di scivolare nel feuilleton…
Ma noi per “storie di passioni” intendiamo storie di forti pulsioni. Storie che non necessariamente hanno a che fare con la sfera emotiva. Alludo, per esempio, alla passione civile, alla vocazione artistica, alla fede ecc. Credo che questo ci metta al sicuro da quanto ti preoccupa.
Trovo molto interessante l’idea di non rinchiudersi nel piccolo reame dei libri di sola fiction. Ma, anche qui, come si fa a non cadere nella padella del saggetto-pamphlet?
A mio avviso i primi quattro titoli che abbiamo pubblicato sono un buon esempio di come sia possibile parlare della realtà utilizzando i mezzi della letteratura. Il libro di Giuseppe Caliceti, Pubblico/Privato 0.1, è un diario personale e collettivo, un coro di voci e opinioni espresse in tempo reale, una galleria di personaggi, un modo nuovo per un giovane intellettuale – quale Caliceti è – di porsi di fronte al mondo. Elio Paoloni in Piramidi narra una storia ironica e divertente ambientata nel mondo del multilevel marketing, una formula di vendita dove il consumatore si trasforma in venditore e reclutatore di venditori. Paolo Nelli scrive con Dialogo sull'amore? un romanzo in forma, appunto, di dialogo, o se vuoi un dialogo in forma di romanzo; in ogni caso, un libro intenso, che fa riflettere. Infine Guido Barbujani in Dopoguerra racconta, con una scrittura limpida, di alta qualità letteraria, e con un ritmo e una trama da vero giallo, una storia del nostro recente passato.
Nelle vostre intenzioni però ci sono altri progetti che vanno oltre i testi di indicativo presente.
Vero, infatti abbiamo in programma l’avvio di una seconda collana di narrativa che, senza rinunciare alla qualità dei testi, proporrà storie interamente votate al piacere della lettura. Saranno libri non necessariamente opera di scrittori italiani.
Avete già un titolo per la collana?
Solo uno provvisorio, che però la dice lunga: Questo e altri mondi.
Oltre al titolo della collana, ci sono già i “tempi tecnici”?
Per ora l’esordio è previsto nei primi mesi del 2003, con l’uscita del romanzo L’elenco telefonico di Atlantide di Tullio Avoledo, una storia misteriosa e intrigante che cattura senza scampo l'attenzione del lettore.
Inoltre stiamo lavorando a una collana di divulgazione scientifica e abbiamo alcune idee per una collana di saggistica.
Con il marchio Sironi, quanti libri pubblicherete all’anno?
Il nostro piano editoriale prevede per la collana indicativo presente la pubblicazione di una decina di titoli l’anno. Dopo le prime quattro uscite di aprile, in luglio pubblichiamo il “reportage narrativo” Porto di mare di Livio Romano; in settembre tocca a Standards Vol. I di Vitaliano Trevisan e, a seguire, in ottobre, la raccolta di racconti visionari Sleepwalking di Laura Pugno e il romanzo Tina. Una timida santità di Alberto Garlini. Le uscite seguenti sono previste per l’inizio del 2003.
Come continuerete la bella giustapposizione fra storie del presente e del passato prossimo “ancora incertamente conosciuti e non risolti” che avete ben marcato con le uscite di Paoloni e Barbujani?
Abbiamo in cantiere altre storie con queste caratteristiche: un romanzo ambientato nel mondo della musica hardcore, in voga alcuni anni fa, un viaggio nell’Irpinia della ricostruzione post-terremoto e un romanzo di formazione ambientato negli anni Settanta.
Chi vi cura la grafica di copertina?
Andrea Morando, l’art director della società Matitasto di Milano, che l’ha ideata. In precedenza ha progettato per noi la grafica di molte collane Alpha Test.
Come siete arrivati a contattare il “fotografo di copertina”?
Guido Guidi è un fotografo di fama internazionale, docente presso l’Università di Venezia e amico di vecchia data di Giulio Mozzi. Guidi fotografa paesaggi urbani, aree industriali dismesse, supermercati, cimiteri… Racconta a modo suo l’Italia com’è, così come i libri che vorremmo fare. Sono foto molto belle che ci hanno colpito subito e gli abbiamo affidato tutte le copertine di indicativo presente.
Se fai caso le sue foto non appaiono solo col particolare riportato in copertina, ma sulla quarta di tutti i libri abbiamo scelto di riprodurre le foto intere, in modo da rendere visibile l’opera originale nella sua interezza.
Mozzi, curatore di indicativo presente, parla di un solo anno di lavoro per arrivare al varo della collana. Quindi avevate già un’idea molto forte alle spalle, un’idea che vi ronzava in testa da parecchio tempo.
Era Mozzi ad averla in testa da tempo, quest’idea. Ci voleva solo qualcuno che si facesse avanti. Noi lo abbiamo fatto.
Far dirigere la collana a Mozzi è stata allora quasi una conseguenza…
Diciamo che l’idea di contattare Mozzi è venuta a Gianluca Barbera, il nostro direttore vendite e ora coordinatore della collana, da tempo un suo estimatore. Gianluca gli ha scritto e lo ha invitato a Milano…
Cosa vi unisce a livello di idee, di pensieri, di progetti?
Semplicemente ci siamo conosciuti e apprezzati a vicenda. Per questo il sodalizio che ne è venuto fuori ha una sua grande forza.
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