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Un anno di corsa di Giovanni Accardo |
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Giuseppe Petralia, Brik Libri, 08.07.2006 |
libri.brik.it |
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GIOVANNI ACCARDO UN ANNO DI CORSA SIRONI EDITORE PAGG.276 EURO 14,50 Al suo esordio narrativo, lo scrittore, siciliano di nascita ma da decenni residente a Bolzano, dove dirige una scuola di scrittura creativa, ci regala un romanzo generazionale su uno dei problemi che affliggono i giovani e l’intera società: la disoccupazione.
Protagonista della storia un trentenne, proveniente dalla Sicilia, laureato a Padova in lettere con 110 e lode che vive in un appartamento di 32 metri quadri, con un coetaneo leghista, figlio della buona borghesia . Il protagonista cerca, in una Padova fredda e poco ospitale, di darsi da fare. Compra i giornali alla ricerca di un posto di lavoro, si fa assumere, “trascinato dalla catena della necessità”, come cameriere con risultati devastanti, non riesce ad accettare il lavoro di venditore di aspirapolvere , di far uscire i polli da una stanza per essere uccisi, non supera il corso per entrare a far parte di un’ azienda editoriale a Mestre. Quella che vive il protagonista è una situazione umiliante, paradossale, triste. I sogni di gioventù, la tanto sognata laurea, si scontrano con una realtà cinica, con un mercato del lavoro dove domina l’apparire e non l’essere. Non a caso, lo scrittore critica ferocemente corsi di comunicazione che tengono le aziende, i Meister che parlano di “pensabilità positiva” dei dirigenti “con i sorrisi come il lucido” della psicologa “ Miss Sorriso”. Tutto è effimero, secondo lo scrittore, tutto è falso, vuoto. Il protagonista si sente, in questo contesto socio-politico “ un estraneo” cerca disperatamente un lavoro per rendersi indipendente e per non pesare economicamente suoi genitori, ma non riesce se non a svolgere lavori precari e saltuari che lo umiliano. Incomincia a soffrire di vertigini, di conati di vomito, ha la preoccupazione che possa perdere le mani (e, in senso lato, il contatto con la realtà) e che le stesse possano trasformarsi in meduse o pappagalli. Una situazione esistenziale che lo rende polemico, inquieto, incazzato contro tutto e contro tutti. Ritorna in Sicilia per trovare qualche lavoro da fare, ritorna a Padova, si reca a Torino alla ricerca di parenti e amici del proprio paese emigrati decenni fa, ( la parte dedicata al capoluogo piementose ci ricorda l’emigrazione delle popolazioni del Sud negli anni ’50 quando si andava ad abitare in stanze senza bagno ma era ancora possibile trovare lavoro in fabbrica) ma non riesce a concretizzare il suo desiderio, o per meglio dire, il suo diritto-dovere di lavorare. Un anno di corsa è un libro amaro, ma realistico, dove lo scrittore ci offre uno “ spaccato generazionale”veritiero della generazione dei trentenni che non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro e nella società. E’ un testo politico, nel senso più ampio del termine, perché Accardo introduce , all’interno dell’impianto narrativo, interessanti discussioni fra il protagonista e l’operaio Silvestro nonché con un militante di Lotta Continua” e dissertazioni sul ruolo negativo esercitato dalla “Lega”. Lo scrittore usa un linguaggio fortemente ironico, a tratti esilarante, ma quello che emerge è una situazione tragica. L'abilità dell'autore risiede anche nel saper tratteggiare egregiamente sia i personaggi che le situazini descritte.Il protagonista non riesce neanche a trovare pace con le donne: Antonella, Zita, Maria Luisa sono ragazze con le quali va a letto, che lo lasciano per altri uomini più concreti e decisi e con un lavoro. La figura femminile che emerge prepotentemente nel volume è Manuela, suicidatasi dopo una serie di lavori precari e mal retribuiti. Il finale del libro non è per nulla consolatorio. L’autore non offre soluzioni al problema della mancanza di lavoro. Espone al lettore una situazione reale, la mancata occupazione dei giovani, l’Italia che non riesce a produrre, un problema che, lascia intendere Accardo, può esplodere con conseguenze non certamente idilliache. Giuseppe Petrali |
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