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Mozzi, funerale e risurrezione |
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Isabella Marchiolo, Il Quotidiano della Calabria, 14.03.2006 |
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Lo scrittore ripubblica “Questo è il giardino” e annuncia un romanzo |
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U
n funerale e una rinascita, l’addio e il ritorno insieme. A celebrare tutto questo è Giulio
Mozzi, ripubblicando “Questo è il giardino”, opera prima apparsa nel ‘93, che all’epoca segnalò all’attenzione della critica lo scrittore
padovano. I racconti di
“Questo è il giardino”, oggi
in libreria per Sironi, erano
stati editi prima da Theoria
e successivamente da Mondadori, due edizioni attualmente introvabili (la prima
è fuori catalogo).
Dopo, Mozzi ha scritto
molto altro, tra cui “La felicità terrena” (‘96, Einaudi);
“Il male naturale” (‘97,
Mondadori); “Fantasmi e
fughe” (‘99, Einaudi); “Fiction (2001, Einaudi). Ma
per l’autore, che si occupa
anche di scrittura creativa
ed è tra i più attivi talent
scout della nuova letteratura italiana, “Questo è il
giardino” resta un caso a
sé, quasi un evento straordinario: il miracolo di una
narrazione che «si rivela via
di salvezza e felicità della vita». La definizione è dello
stesso Mozzi, che sembra
paragonare quello slancio
ad un lieto mistero, accaduto all’autore di “Questo è il
giardino” «del tutto a sua
insaputa». Tanto da distinguere il primo libro da qualsiasi cosa realizzata in seguito. Lavori validi ma,
tranne qualche fugace “apparizione”, privi di quella
«felicità» che guidava la
creazione del testo d’esordio. Forse perché “Questo è
il giardino” fu un dono, un
desiderio inespresso e intimo “strappato” all’animo
un po’ impaurito dell’allora
trentatreenne Mozzi. La
pubblicazione e l’apprezzamento di critica e lettori ebbero un impatto dirompente, un’onda troppo forte
contro il microcosmo intenso e fragile dei primi racconti di Mozzi.
Così la felicità appena nata si dileguò, e lo scrittore
confida di non averla più ritrovata. Ma di questa perdita se ne assume piena responsabilità. Non è “lei” ad
aver abbandonato, perché
«non è da lei abbandonare.
Mentre è da me gettare
via». Lo scrittore, dunque,
si sbarazza della felicità e
scappa. Una fuga lunga tredici anni, che forse è finita o
forse dura ancora.Durante
questa fuga sono accadute
tante cose, e lo scrittore
adesso vuole che di lui si
possa dire: «Sì, senz‘altro,
ha avuto i suoi alti e i suoi
bassi, è stato un po’ generoso e un po’ carogna, ma comunque una buona cosa
l‘ha fatta». Cioè “Questo è il
giardino”. Il resto (con il sacrificio di qualche altra
“parte buona”), finisce tumulato nel liberatorio funerale. Niente recriminazioni,
come dev’essere in una vera
cerimonia funebre.
Della sua vita letteraria
Giulio Mozzi vuol lasciare
in eredità solo le piccole storie sincere di quel primo, illuminato libro. Uno scippatore romantico che restituisce due lettere trovate nella
borsetta di una donna, e in
esse scopre la sua stessa solitudine: «Poche piccole frasi, magari incongrue ma
piene di un significato
enorme, misteriose, impossibili da dire». Un giovane
educato al ruolo di eterno
apprendista, derubato dell’identità e del futuro. Una ragazzina invaghita di un angelo, che sogna amori dove
il sesso sia pura bellezza,
pelle luminosa e liscia da
toccare senza vergogna.
Una terrazza che nasconde
piccoli frantumi di vetro,
brillanti e difficili da trovare come le cose di cui è fatta
l’anima. Un giovane scrittore che desidera essere letto
ma ha paura di un mondo
capace di distruggere e
umiliare il suo dolore. Un
giudice di nome F. condannato da poteri oscuri, salvato dall’amore, estrema vita
che il fuoco del tritolo non
può dilaniare come fa con i
corpi. L’ultimo incontro del
vecchio Yanez, pronto a conoscere “l’unghia di Dio”.
Treni che viaggiano verso
amori incompiuti, mentre
nella testa girano pensieri
rabbiosi e disillusi, che fanno più male dei dolori “veri”, quelli vissuti nella
realtà.
Un giardino di storie che
è l’amore stesso, come suggerisce il titolo del libro,
tratto da una poesia di Claudio Damiani. Ma perché
tornare in quel giardino
ora, a distanza di tredici anni? Il motivo è la rinascita
di cui si parlava qualche rigo addietro. Mentre celebra
il suo funerale, Mozzi sta
aspettando una nuova vita.
Si chiama “Discorso intorno ad un sentimento nascente”, sarà edito da Mondadori e per l’autore è il primo romanzo. Mozzi preferirebbe dire “prosa”, ma forse
il termine non è editorialmente gradito. Al di là delle
classificazioni, secondo
l’autore il libro è più simile
a “Questo il giardino” che
alla restante produzione di
Mozzi, quella a cui il funerale ha detto addio. Aspettando l’ultimo segnale della
rinascita. La felicità che, dopo aver gettato via, adesso
Mozzi cerca con nostalgia. |
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