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Le mele di Chernobyl sono buone |
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Gabriele Battaglia, Virgilio/Sapere, 20.03.2006 |
sapere.virgilio.it |
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Nel 2006 ricorrono alcuni anniversari un po' particolari. Siamo infatti a 10 anni dalla comparsa della soia transgenica in Europa e dai primi casi di mucca pazza. Celebriamo il ventennale del disastro nucleare di Chernobyl, il trentennale della diossina di Seveso e il sessantennale dei primi test nucleari nell'atollo di Bikini.
Osserviamo questo passato recente e comprendiamo come mai la nostra sia stata definita la "società del rischio", prodotto dell'odierna duplice natura della tecnica: riflessiva - il soggetto-uomo non manipola più solo l'oggetto-ambiente, bensì, con le biotecnologie, anche se stesso - e autonoma, poiché si autoriproduce senza che l'intervento umano sia necessario e, secondo alcuni, senza che la nostra volontà,e quindi l'agire politico, possa controllarla.
La crescita della sensibilità ecologica nel corso del Novecento testiminia la diffusa consapevolezza del rischio con cui siamo costretti a convivere. Evitando gli scenari apocalittici, ci chiediamo: è possibile governarlo?
Alcuni segnali sembrano dirci che anche la politica si pone ormai il problema e comincia faticosamente ad uscire dall'ideologia dell'interesse nazionale tradotto in crescita a ogni costo. Da pochi giorni si sa per esempio che il Paese con il tasso di crescita più elevato, la Cina, ha in programma di ridurre le emissioni inquinanti del 10% entro il 2010, ponendosi come obiettivo ultimo un sistema ad emissioni zero.
Ma questa impostazione "dirigistica" non incontrerebbe certo i favori di Giancarlo Sturloni che, con Le mele di Chernobyl sono buone, sostiene che il controllo del rischio può funzionare solo se accompagnato da una "democratizzazione della scienza".
Cosa significa? Non si tratta di rinunciare al sapere specialistico, ma di fare in modo che esca dalla torre d'avorio e che sia messo a disposizione degli attori sociali, al di fuori della ristretta cerchia degli scienziati: scienza e tecnica devono confrontarsi con la società invece di crearla senza filtri.
Attorno a questi concetti ruota il libro, che ripercorre la storia di tutti i maggiori rischi tecnologici (talvolta catastrofi) dell'ultimo mezzo secolo, aggiungendovi un surplus di riflessione, informazioni, proposte, indirizzi.
La gestione del rischio necessita di scelte socialmente condivise. Questo libro ci aiuta a essere consapevoli, per partecipare e scegliere di più.
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