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IL GRUPPO DEI DIECI: Lo zar non è morto
Teo Lorini, Pulp, 14.01.2006
Cosa sarebbe sucesso se Nicola II non fosse caduto sotto il fuoco bolscevico a Ekaterinburg nel 1918? E se, invecchiato e inspiegabilmente ammutolito, riapparisse al principio del ’32 su una malconcia corazzata cinese alla fonda nel porto di Tchi-wan-Tao?
Com’è noto, con i ‘se’ non si fa la storia. Ci si può costruire invece un “Grande romanzo d’avventure”, proprio come promette il sottotitolo di questo stupefacente volume. Lo Zar non è morto, è un’opera di fantapolitica composta nel 1929 da dieci autori radunati dalla fantasia sfrenata e sfrontata di Filippo Tommaso Marinetti, un esperimento di scrittura collettiva in anticipo di 70 anni sugli analoghi progetti dei nostri contemporanei Wu Ming e Babette Factory. Tale oggetto misterioso era rapidamente e quasi totalmente scomparso dalla memoria e dalla tradizione letteraria italiana fino a quando il caso ne ha fatto finire un raro esemplare nelle provvidenziali mani di Giulio Mozzi. Dall’incontro con l’entusiasta editor di Sironi, questo inossidabile Zar è risorto ancora una volta, con tutto il suo carico di rivoltellate, seduzioni, agguati e rivelazioni. La già gustosa summa di erotismo, esotismo e avventura è ulteriormente arricchita dalla spezia piccante del côté fascista: composto nel pieno dei furori del Ventennio, lo Zar non può che avere fra i protagonisti, accanto alla fatale spia britannica Oceania World (!), agenti italiani di categorica scaltrezza e maschia audacia.
L’effetto è quello di un Fascisti su Marte ad alto budget, in cui le sorprese da feuilleton si alternano a una propaganda tanto ruffiana da diventare irresistibilmente comica, che ipnotizza e trascina il lettore dalla “China” (!) al Bosforo, dal Vaticano alla Russia, fra un’imboscata e l’altra dei ferocissimi “Sovieti” (!!), fino all’ultimo, apocalittico colpo di scena su cui cala il sipario e scrosciano i meritati applausi.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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