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Come un atomo sulla bilancia |
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Francesco Marchetti, Caffè Letterario, 22.10.2005 |
www.cafeletterario.it/ |
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“Ma qual è questo volto di chiesa che i miei amici, nella loro evangelizzazione, mi richiedono? Ecco, è molto semplice: quello di una comunità che non ha nessun potere, di nessuna sorta, che non possiede né oro né argento ma che da gratuitamente quello che gratuitamente ha ricevuto: la fede, la speranza e la carità.” |
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Non so se questo libro possa risultare anacronistico dopo trentatré anni dalla sua prima pubblicazione. Certamente susciterà un certo sentimento di nostalgia anche in chi non ne avrebbe motivo in quanto non ancora nato all’epoca dei fatti narrati tra gli anni Sessanta e Settanta. È la storia di don Luisito Bianchi, prete che decise di entrare in fabbrica, di farsi operaio. Per la precisione turnista addetto alla lavorazione del titanio presso la Montecatini di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria.
Don Luisito Bianchi sceglie la fabbrica per capire sul campo i problemi del lavoro, dell’evangelizzazione dell’operaio, dell’uomo nel secolo. Il libro, che per forma assomiglia molto a un diario, apre in maniera scrupolosa al binomio Chiesa – uomo, raccontando la fatica con cui l’uomo moderno riesce a considerare la Chiesa come la sua casa. Siamo nell’era industriale, del capitalismo, del povero che sarà beato perché di esso è il regno dei cieli ma che nel suo presente si riempie gli occhi, lo stomaco e la schiena delle disuguaglianze di classe. Ho detto scrupolosa per la singolarità del punto di vista, quella di un religioso, che con esempio evangelico si mescola agli uomini. Non esita a stringere al muro la Riforma ecclesiastica, il Concilio Vaticano II, evidenziando gli errori della Casa di Pietro, il suo anacronismo. Il prete sembra essere un cane con la catena troppo corta, per cui fatica ad allontanarsi dalla sua cuccia. Ma allo stesso modo prendendosi a cuore la situazione dell’operaio, della sua alienazione, osserva con occhio clinico i limiti degli organismi sindacali, facili al compromesso e quindi sempre più vicini ai difetti di una struttura partitica. La nostalgia menzionata all’inizio è quella dello spirito di corpo che univa la classe operaia, forse è l’invidia del settore terziario che per costituzione ha conosciuto sempre posizioni intermedie, per natura solitarie.
Don Luisito Bianchi è un prete operaio “senza trattino”, perché fatica, tolto l’ago della bilancia, a trovare una stabilità per le due condizioni. E questa incertezza sulla natura del religioso nell’epoca moderna – può sposarsi? avere una famiglia? deve rinunciare ai beni materiali? – inesorabilmente continua anche oggi dopo 30 anni. |
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