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Configurazione del Capolavoro Misterioso |
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Giuseppe Ganna, I Miserabili, 20.01.2004 |
Miserabili.com |
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E' talmente impossibile definire la configurazione del Capolavoro Misterioso che, a conti fatti, forse uno capisce di essere entrato in contatto con un'esperienza. Se io osservo un labirinto dall'alto, è molto chiaro che non ho fatto esperienza del labirinto. Se io sono dentro il labirinto, quest'esperienza la faccio. Se ho la mappa del labirinto, faccio un'esperienza simile a una passeggiata. Ma se non conosco la configurazione del labirinto? O è una figata o è un'esperienza da Shining. Ecco, il misterioso autore del Capolavoro Misterioso fa una cosa pazzesca: mi fornisce di più mappe del labirinto. Tutte vere, tutte valide. Questo significa: le pareti del labirinto si muovono. Il labirinto è vivo. Non sono in un labirinto. Sono in uno sconfinato essere vivente, o in uno sterminato automa semovente. Entrambe le metafore, l'organicista e la meccanicista, calzano a pennello al Capolavoro Misterioso. nessuno potrà mai dire se l'Anatra Meccanica Parlante in Mason&Dixon di Pynchon è vivente oppure no. Nessuno sa cosa sia Moby Dick se è dentro Moby Dick. La selva oscura non è vegetativa, né viva né macchinica: è letteraria, ultracorporea.
Vediamo di cosa sono fatti i vicoli e i ventricoli di quel labirinto che è il Capolavoro Sconosciuto: sono fatti di sapere e di emozioni. Questo sapere e queste emozioni, per un miracolo dell'estensore del Capolavoro Misterioso, sono percepiti come se fossero a noi esterni. Com'è possibile? Accade, come quando siete un po' giù e incontrate uno che la sa lunga ed è brillante e la sola sua presenza vi avvilisce ancora di più: la sua scintillante parlantina e la sua eloquenza sapientissima vi schiaccia (ma quanto sa, questo? e io non so così tante cose...), vi racconta che sua madre è morta in un'agonia dolorosissima e lui ha retto alla situazione con un'umanità insieme ferma e pietosa che, siete sicuri, voi non riuscirete mai a emulare. Quel sapere e quell'emotivo vi distruggono, al momento, ma sono esterni a voi: li percepite e, al tempo stesso, ne siete sbalzati fuori, non vi identificate con essi.
Quindi: dove siete nel momento in cui percepite l'intelligenza, il sapere e l'emozione che non siete? Se non siete la totalità dell'intelligenza, del sapere e del sentire, cosa siete?
Ecco, dunque, la fusione a caldo e a freddo a cui introduce il Capolavoro misterioso: l'esperienza che si fa, addentrandovicisi(!), è una domanda su se stessi - una domanda destinata a restare costantemente senza risposta.
Qual è il continuum in cui tutto questo accade? Ci deve essere un continuum. Ci deve essere lo spazio, se ci muoviamo. Il Capolavoro, come la Danza, non è totalmente nello spazio ma, se non fosse anche nello spazio, risulterebbe impercepibile: non sarebbe un Capolavoro. La totalità dei Capolavori mai espressi, che non sono precipitati dentro la storia umana, deve essere una meravigliosa infinitudine di universi - però, chi lo sa è bravo. Io, almeno, non lo so.
Perciò: qual è il continuum in cui mi muovo leggendo il Capolavoro Misterioso? E' questo: è una sorta di perenne euforia. Esattamente come in Pynchon: la cifra dello sfondo, la grana della pagina è una specie di sovradeterminazione emotiva, come se il lettore, di colpo, finisse in un luogo caldo dopo essere stato fuori nel gelo, e si arrossano le guance. E' come avere bevuto vodka: non troppa, non si è obnubilati, ma si è comunque, in qualche modo, a un'intensità emotiva distinta dall'usuale.
E' quindi anche emotivamente che il Capolavoro Misterioso si annuncia essere diverso dalla realtà.
L'essere distinto dalla realtà fa in modo che il Capolavoro Misterioso possa parlarne. Essendo fuori dalla realtà, ma non troppo fuori, ne parla. Se fosse in Australia non potrebbe dire cosa accade in Francia, la vista non ci arriva. Però, essendo in Australia, è in grado di dire qualcosa (qualcosa di mai esaustivo) sulla Nuova Zelanda.
E' un'immensa ingenuità pensare che bisogna essere realistici per parlare della realtà. A parte il fatto che il realismo non esiste, la realtà non viene a dirci che esiste: questo computer su cui sto scrivendo non è venuto a dirmi che esiste - io l'ho percepito, la sua esistenza mi è risultata effettiva nella mia esistenza. La realtà subisce il filtro della coscienza, che poi la distorce ulteriormente attraverso gli apparati che origina, psicologia tradizioni temeperamenti.
Chi diavolo ha partorito il sogno di porsi fuori della realtà per parlarne?
Chi sta fuori è esiliato, anche se è un autoesiliato. Chi è questo bandito - cioè quest'uomo che ha subìto o si è autoinflitto un bando?
Egli è l'artista.
Fuorilegge, dunque. Nessun sistema giurisprudenziale, per quanto sottile o suasivo esso sia, cattura l'artista. Venite qui a rompermi le palle per dirmi che non posso dire questa cosa: è impossibile. Continuerò a dirla. E' impossibile che la libertà radicale venga toccata, come dimostra Mandel'stam a Voronez. Ammazzatemi pure, insultatemi, denigratemi, ridicolizzatemi fino allo stremo, ignoratemi: non è lambita minimamente la radice della libertà personale che mi compete. Io sono: impossibile, finché sono, toccare il fatto che sono. La legislazione comunitaria funziona su ciò che scaturisce dal fatto che sono: i miei pensieri e le mie emozioni e le mie fedi ('sono bravo', 'sono una merda'), ma tutto ciò è altro da questa radicale libertà che è il fatto che ci sono.
Ho, in pratica, riassunto il sistema retorico basilare del Capolavoro Misterioso: le sue figurazioni, a volte barocche a volte lineari e stilizzate, vengono dopo il fatto che esso è - sono sovrastrutturali rispetto a una vibrazione di fondo. Ciò che un qualunque critico può dire a proposito di questo iper-romanzo non tocca la sua radice essenziale che consiste nel fatto che esiste come Capolavoro Misterioso. Ciò non accade per tutti i libri: poche illusioni, è meglio, non tutti siamo garantiti dal fatto che scriviamo. E' una constatazione banale, ma spesso obliata.
Le cose si animano e parlano (come certi televisori antichi in certi Capolavori Misteriosi): mistero fantastico, fascinazione sciamanica, indotta, eppure così concreta, intercettabile. Parlano le statue: in Montale stanno lì zitte a significare qualcosa, qua non significano niente perché parlano. Un paese parla: ed è incredibile e inimmaginabile il modo in cui parla. Le strade disegnano un altro labirinto, rispetto a quello che si è conosciuto finora.
Ed è tutto così italiano.
Questa replica perfetta di Pynchon è italianità purissima.
Questo è un grande romanzo italiano.
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