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L'Odissea postmoderna di Colombati |
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Felice Piemontese, Il mattino, 19.05.2005 |
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CASO LETTERARIO |
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Sembrava ormai acquisito che il libro di Alessandro Piperno "Con le peggiori intenzioni" dovesse considerarsi il "caso" letterario dell'anno. Ma ecco, a breve distanza di tempo, il romanzo di un altro esordiente che, c'è da scommetterci, farà molto discutere: capolavoro assoluto per alcuni, illegibile pastrocchio per altri. Si chiama, questo nuovissimo autore, Leonardo Colombati, autore di Perceber, un libro di più di 500 pagine pubblicato dall'editore Sironi (euro 17). E non si tratta, badate, di scatenarsi in una caccia insensata di "casi" più o meno fasulli. Gli esperti di marketing letterario fanno il loro lavoro, ma è indiscutibile che che sia Piperno che Colombati sono due autori su cui scommettere. Se poi ci mettete il fatto che sono romani tutti e due, poco più che trentenni, amici e con passioni comuni (letterarie e musicali) ed entrambi con radici nel mondo ebraico, vi sembrerà lecito pensare che siamo in presenza di un fatto nuovo. Forse dell'avvio di un ricambio generazionale profondo.
Intanto c'è da dire, riguardo a Colombati, e prima ancora di ogni giudizio di merito, che è sorprendente la passione per la letteratura che un libro di straordinaria complessità linguistica e strutturale come Perceber rivela. Se è vero che siamo abituati ai diligenti compitini di cento pagine o alle compilazioni prevalentemente di genere noir che gli editori riversano senza soste e senza criterio sui banchi delle librerie, qui, invece, ci troviamo di fronte a un libro densissimo, frutto di sette anni di fatica, e caratterizzato (vivaddio) da una smisurata ambizione e dalla stupefacente padronanza di registri diversissimi tra loro.
Colombati, infatti, si muove tra mistica cabalistica, ebraica, e musica rock, citazionismo ipercolto e parodia, canzonette d'epoca e digressioni erudite, cronaca nera e ricostruzione storica, politica e pornografia per creare un universo letterario governato da rigide regole ("le tre parti, i sette capitoli e i quarantuno episodi del libro sono costretti in una griglia che è poi la mappa della città di Roma", e ogni episodio è ambientato in un diverso quartiere o rione della capitale) ma che alla fine si rivela come una sorta di liberissimo gioco dell'oca in cui ogni lettore può fare le sue mosse. Il tutto a partire da un episodio banale, ancorchè drammatico: in viale Trastevere un tram travolge un anziano passante tranciandogli la gamba destra. Tra i testimoni della scena, tre personaggi che avranno un ruolo centrale nel romanzo: un giornalista quarantenne dall'incerta sessualità, un giovane pediatra ossessionato dall'immagine di due bambine, un anziano avvocato con più di una rotella fuori posto.
I destini di questi tre personaggi (con molte figure di contorno) s'intrecceranno nella ricerca della gamba scomparsa e in una serie di non straordinarie avventure metropolitane, con digressioni nel tempo e nello spazio, di cui quella centrale riguarda la misteriosa cittadina spagnola che dà il titolo al libro e i cui abitanti, a partire dal Cinquecento, sono soggetti a una ben strana maledizione: parlare senza sosta né pausa, nemmeno tra due parole... Modello dichiarato di Perceber è, come si sarà capito, l'Ulisse di Joyce e chiunque abbia dimestichezza con l'opera del grande irlandese potrò rintracciare connessioni e rimandi espliciti sia a Leopold Bloom che, soprattutto, a Stephan Dedalus. Ma in questa Odissea romana dei primi anni Duemila, la cui caratteristica è di essere un immenso accumulo di materiali letterari, cosmologici, storici la caccia agli autori di riferimento è non solo obbligata, ma resa almeno in parte esplicita da Colombati stesso, che al testo narrativo fa seguire quasi cento pagine di "Appendice" con "riferimenti", "repertorio" e "glossario", più tre pagine fittissime di "fonti" in cui si trova di tutto, da Dante a Sade, da Baudelaire e Shakespeare, da Lennon-Mc Cartney e Bracchi-D'Anzi (autori, questi ultimi, di canzoni popolari tra le due guerre).
Un'operazione letteraria come quella di Colombati richiede lettori "forti" e motivatissimi, capaci di non perdere il filo nello sconvolgimento spazio-temporale dei vari episodi, e di passar sopra anche al fatto che, ogni tanto, si ha la sensazione di non capirci più niente e che si tratti solo di un gigantesco bluff. Ma non è certo questa l'opinione di chi scrive.
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