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Sotto i cieli d'Italia |
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Tullia Fabiani, Rai Libro, 08.07.2004 |
www.railibro.rai.it |
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Può la lingua della letteratura aumentare la conoscenza dell'Italia? Far conoscere case, viottoli, stazioni ferroviarie, campi di cipolle, dei fiumi, trattorie, supermercati di quartiere? Mozzi e Voltolini hanno scommesso sul sì. |
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Sereno, poco nuvoloso. Molto nuvoloso con precipitazioni sparse.
Degli umori (e colori) dei cieli d’Italia siamo informati praticamente ogni giorno. Se ne fanno previsioni, perché quei cieli sovrastano le nostre vite e gli spazi in cui si compiono. E vi partecipano. Perciò quale titolo migliore di uno che “Sotto i cieli d’Italia” raccoglie nove passaggi, nove tracciati, urbani e non, affidati alla sensibilità di due scrittori. Giulio Mozzi e Dario Voltolini sono le quattro mani, i quattro occhi, i due nasi, i quattro piedi, le quattro orecchie: i dieci sensi di questo lavoro (edito da Sironi) frutto di altri. Prima che il lettore cominci a seguire gli itinerari gli autori spiegano come sono andate le cose: le loro perlustrazioni territoriali e ambientali, i pezzi letterari che ne hanno ricavato, sono (quasi tutti) oggetto di commissione.
Questo il minimo comune denominatore, insieme alla tipologia squisitamente descrittiva dei testi. La scelta stilistica è forte e radicalmente, felicemente, letteraria: qual è il bello della letteratura, se non anche quello di convertire le forme mediate della comunicazione, di trascenderle? Piace l’osservazione di Mozzi per la quale viviamo in un tempo di “segnaletica dominante”; quando la comunicazione domina sulla funzione; quando «siamo circondati di cose segnali, corpi-segnali; e abbiamo nostalgia del tempo (mitico, peraltro) nel quale si percepivano le cose nude, i luoghi nudi, i corpi nudi”. E fa piacere l’esortazione a cogliere particolari, scorci della realtà, per poi “lavorare consapevolmente sul sistema percettivo dei lettori”, per “aumentare la capacità dei lettori stessi di sentire il mondo scavalcando la segnaletica”. Ristrutturare la percezione: ecco su cosa può lavorare chi scrive. Ecco cosa distingue e impronta le pagine di questo volume.
Che percezione si riesce a dare, ad esempio, dell’ambiente che circonda il Delta del Po? Voltolini ne dà colori, suoni, atmosfere, in movimento. O quale percezione dei campi di carote e cipolle che nel Chioggiano lasceranno il posto ai morti? E della quantità e varietà di cose che si possono trovare per terra? Chissà se può servire un elenco dettagliatissimo da investigatori (come quello in cui s’avventurano Mozzi e i suoi compagni di cammino, il fotografo Carlo Dalcielo e il narratore Massimiliano Nuzzolo). Verso l’alto, invece, si dirigono gli scatti di una Polaroid: Carlo Dalcielo fotografa camminando lungo una via che va da Ronchi dei Legionari a Monfalcone e ciò che lo interessa sono le cose “che dalla terra protendono verso il cielo”: pali d’illuminazione stradale, angolature, cornicioni d’edifici, tralicci dell’alta tensione, lampioni, nubi, croci latine. Chi ferma immagini su pellicola e chi prende qualche appunto e assorbe coi sensi per mandare a memoria.
Perfino una guida al territorio, come quella pensata in due volumi per il parco archeologico di Carmignano si può rivestire di trame narrative: il racconto di giornate passate da Voltolini a scoprire luoghi che della Toscana sono la parte e il tutto e che, afferma lo scrittore, possono “rendere muti”: “Avevo di fronte luoghi dall'articolazione incredibile: paesaggi, insediamenti, arte, architettura, manufatti, luoghi nascosti, luoghi esposti altrettanto nascosti”.
Se nei tre testi di Voltolini prevalgono zoom rapidi che si condensano in una prosa tronca, di vocazione poetica, le descrizioni di Mozzi, capillari, a tratti quasi ossessive, si diluiscono in una narrazione fluida che non maschera però la cifra scientifica dell’osservazione.
Nella perlustrazione di Lignano Sabbiadoro, zona Pineta, sono Le villette invisibili a saltare agli occhi come quanto di più caratteristico: “Ce n’è di tutti i tipi” pur essendo in fondo tutte uguali. Quelle che Mozzi però sceglie di descrivere sono le “più differenti” di tutte le altre; quelle che a lettori, eventuali residenti e villeggianti, è suggerito notare: esterni e abitanti compresi.
Significative sperimentazioni descrittive per migliorare la qualità della percezione sono offerte, infine, dagli ultimi quattro testi. La definizione e relativa individuazione degli “edifici incongrui” in Emilia Romagna, dalle palazzine ai supermercati (gli incontri in sogno con un geometra comunale fautore di demolizioni consistenti e dal vero con due gemelle commercialiste poco interessate alla tutela dei beni artistici). Nel brano “Bandiere” è Voltolini a dipingere un paesaggio naturale e minerale senza richiamarsi a luoghi identificabili: testo astratto ma dalla percezione sensoriale ed emotiva altissima.
Luogo mobile: treno e Piedi e pavimenti sono i testi che chiudono il libro. Mozzi in ambedue i casi regala al lettore immagini, osservazioni e parole ricche di ironia. Si sorride spesso a leggere ciò che si vede e si ascolta in treno o, nel secondo caso, come ci si muove in un supermercato. «Quando si è a bordo di un treno, - scrive Mozzi - o anche in una stazione ancora si è tra due luoghi. E in questo luogo separato, provvisorio, avvengono cose che nei luoghi fissi... non avvengono». Al sorriso si accompagna una specie di sana crescente consapevolezza: la sensazione netta di aver preso parte, in qualche modo, a questi percorsi. Di aver camminato, parlato ed essersi fermati sotto quegli stessi cieli. E pure Voltolini scrive nella prefazione: “La cosa migliore che un lettore possa fare è prendere su e andare nei luoghi di cui parlo per confrontare il luogo stesso con le cose che ne dico e queste ultime con le cose che ne direbbe lui… questo è il mio invito ai nostri lettori. Prendete su e andate vedere”. Come dargli torto.
Giulio Mozzi e Dario Voltolini,
Sotto i cieli d’Italia
Sironi, 2004, pagg. 252, euro 11,50. |
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