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Le confessioni di un co.co.co. |
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Guido Passalacqua, la Repubblica Milano, 19.05.2004 |
www.repubblica.it |
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La Milano dei precari in "Pausa caffè" dell'esordiente Giorgio Falco |
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Trecentoquartantacinque pagine di Milano pura, di Milano città infinita. Forse troppe per un'opera di esordio ma tutte intense e da ripensare, un materiale che potrebbe bastare per tanti romanzi. La storia di tutti noi, dei nostri vicini di casa, degli amici, della ragazza della porta accanto. Riflessioni, monologhi, microstorie, registrazioni di telefonate, segreterie telefoniche, slogan, passioni fredde, anzi freddissime.
Giorgio Falco, faccia da ragazzino, nato nel '67, milanese, un lavoro non meglio identificato nel campo delle telecomunicazioni, propone il suo Pausa caffè (Sironi Editore) come un affresco gelido della metropoli in cui il lavoro non è più lavoro, dove non c'è più la fabbrica ma esiste una marmellata indistinta di impegni, traffici, desideri piccoli piccoli, aggiustamenti. Una Milano minimalista ma verissima. Il disegno dell'autore è ambizioso, forse troppo. L'affresco, molto complesso, in cui tutto è politica e niente è politica, è avvincente, a volte troppo compiacente. Ma Falco disegna con mano sicura la città che incontriamo ogni giorno al bar, in ufficio, al telefono, al supermercato. Co.co.co., precari, licenziati e licenziandi, pornostar, televisivi di basso livello, blateratori radiofonici, mestieri sfuggenti a ogni classificazione tradizionale.
Un mondo senza speranze, non sconfitto ma senza speranze. Vero, falso, immaginario? «Adesso ho in mano io la situazione. Compro carne per una catena di supermercato», esrdisce il protagonista del primo racconto, un buyer che punta per resistere in carriera sulla carne di struzzo. Una follia, ma basta fare il giro al super sotto casa per capire tutto, la vetrinetta con la carne di struzzo è lì. Oppure Laura, nome de plume Tenfor, di Cusano Milanino, ex operaia, 26 anni, pornoattrice: «Dovrei farmi un ritocchino alle tette. O smettere. Mi do tempo un anno». Veloce, rapidissimo, come un Campari bevuto al bar, senza nemmeno mangiare una patatina, Pausa caffè racconta la città di chi non ha un lavoro fisso, oppure di chi lo ha ma forse lo sta per perdere. La città di Telelombardia e dei call center, del capo appena fatto fuori («una nuova posizione») che si consola: «Non sono più nell'organigramma ma mi hanno lasciato tutto il resto. Pagato per nuotare nella piscina del club alle undici di mattina, mentre le povere formiche dell'industria rispondono al telefono, collezionano codici a barre». È il primo codice di vita nella città degli sms: «Il primo manuale pratico per inviare sms e vivere felici». Oppure per non vivere. Vedete voi. |
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