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La messa dell’uomo disarmato |
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Giovanni Choukhadarian, Pickwick.it, 27.12.2003 |
www.pickwick.it |
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“In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna” (Mc. 10, 29b-30) |
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E’ probabile che don Luisito Bianchi debba restare homo unius libri e che il suo libro sia questa massiccia Messa dell’uomo disarmato (Sironi, pp. 860, euro 19,00). Fosse pure così, poco importerebbe. L’eventuale uomo di un solo libro ha scritto un libro importante, non facile e a tratti senz’altro sfuggente, però nuovo, giocato su un registro che è insieme solenne e terrestre, teso verso orizzonti metafisici e intanto aggrappato con tenacia alla quotidianità più consueta.
La storia, che è in realtà una fitta trama di molte storie, si svolge attorno alla cascina della Campanella cui Franco torna dal convento di benedettini presso il quale era novizio. E’ il 1940 e Piero, suo fratello, è spedito in Grecia come ufficiale medico. Franco è la voce narrante nel primo e nel terzo tempo del libro, che si affida invece a un narratore esterno per il secondo tempo, dedicato propriamente alla Resistenza e ai suoi eventi.
La distinzione in tempi fornisce un primo elemento di derivazione musicale, presente d’altronde in maniera esplicita nel titolo. Ben che sottotitolata come “un romanzo sulla Resistenza”, questa Messa è una lunga meditazione sui Novissimi, sulle cose ultime, svolta beninteso coi modi di una narrazione del tutto tradizionale. E’ un romanzo di addii, ma di quelli prefigurati in Mc. 10, 29b-30: “In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna”.
Sarà appena il caso di notare che le categorie tecniche e concettuali don Luisito sono quanto di più lontano dalla produzione narrativa corrente. Il primo tempo, intitolato al Gemito della Parola, conosce lentezze impensabili per un romanzo contemporaneo e si affida spesso al latino, d’altronde molto comprensibile, della Regula Sancti Benedicti. Chi superi queste prime 210 pagine di rigore inusitato, vedrà poi schiudersi un affresco di potenza non comune, folto di personaggi memorabili come non se ne ricordavano da molto nella narrativa italiana.
Di fronte a queste stesse 210 pagine iniziali, altri lettori abbandoneranno forse l’impresa, alla quale potrebbe tornare utile accostarsi con le celeberrime parole di Pascal, certo non ignote a don Luisito Bianchi: “Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto”.
La messa dell’uomo disarmato è una maestosa sinfonia, composta in maniera eterodossa da tre larghi, o da un adagio e due larghi. Non è un libro per tutti, né pare nutrire l’intenzione di esserlo. Compensa tuttavia largamente il lettore che, se non altro incuriosito dalle sue dimensioni e dal suo passo maestoso, porti a termine il compito della lettura.
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