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Un rettile s’annida nel fondo del nostro cervello |
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Mara Pace, Il giornale di Brescia, 24.10.2003 |
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Incontro con John Skoyles, che nel "Drago nello specchio" viaggia, tra neuroscienze e filosofia, nell’intelligenza umana dal Big Bang al Terzo Millennio |
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Aveva diciotto anni quando lesse il suo primo libro di scienza ed oggi ne scrive il seguito: John Skoyles, che pubblicò un articolo sulla prestigiosa rivista Nature mentre era ancora studente universitario, torna oggi ad occuparsi dell’opera che lo introdusse nel mondo delle neuroscienze e della filosofia. Quel saggio si intitolava I draghi dell’Eden, ricostruiva la storia evolutiva dell’intelligenza umana e valse al ricercatore Carl Sagan il premio Pulitzer. Il figlio Dorion ha seguito le orme del padre, diventando comunicatore scientifico, ed ha collaborato con Skoyles alla stesura de Il drago nello specchio (titolo originale Up to Dragons), portato in Italia dall’editore Sironi come quinto titolo della collana Galàpagos.
Un saggio scritto con passione e forte coinvolgimento degli autori, eredi della lezione cosmologica di Carl Sagan, che cercava di collocare ogni tassello di realtà in un unico mosaico generale. Abbiamo incontrato John Skoyles, ospite del Festival della Scienza a Genova (www.festivalscienza.it).
- Cosa l’ha spinta a proseguire l’indagine sull’intelligenza umana intrapresa da Carl Sagan?
"A metà degli anni Novanta il mondo delle neuroscienze è stato rivoluzionato dal concetto di plasticità neurale (le aree corticali possono modificare le proprie funzioni in base all’effettivo uso delle parti corporee che rappresentano). Il professor Sur ha scoperto che la corteccia uditiva, ricevendo il giusto input, poteva assumere il controllo dell’attività visiva. L’anno scorso hanno osservato che la corteccia visiva nei ciechi sviluppa abilità linguistiche per il controllo della sintassi. Questo lascia supporre che l’intera corteccia possa modificare la propria attività nel corso del tempo. Il fatto che alcune parti del cervello possano sviluppare funzioni per cui non si erano specificatamente evolute, porta ad un’altra domanda: qual è il ruolo di questa capacità del cervello rispetto alla nostra evoluzione? Carl Sagan, che racconta questa storia partendo dal tempo dei rettili, era coinvolto nel movimento politico ed in particolare nella sinistra pacifista. Mi piace dunque immaginare che 120mila anni fa la specie umana abbia organizzato un’Assemblea nazionale (come nella Francia rivoluzionaria) per discutere del futuro: la destra conservatrice avrebbe sostenuto che l’uomo sarebbe rimasto per sempre così com’era, essendosi ormai fissato il suo patrimonio genetico; la sinistra progressista avrebbe invece affermato che l’evoluzione aveva fornito alla specie una chiave per sviluppare ulteriormente l’intelligenza. Tale chiave era la plasticità neurale".
- Chi sono i draghi che danno titolo ai due saggi?
"Alla base del nostro cervello di mammiferi esiste il cervello dei rettili. Parlando di "draghi" intendiamo riferirci agli antichi rettili con un termine connotato in senso emotivo".
- Il libro dà ampio spazio alle emozioni. Proviamo le stesse gioie e sofferenze degli uomini vissuti 100mila anni fa?
"Anche gli scimpanzé conoscono l’amicizia e l’umorismo, perché esiste un nucleo che ci accomuna, ma gli uomini si distinguono perché sanno utilizzare le emozioni attraverso la parte razionale: sanno ad esempio giudicare quando il dolore è necessario e quando non lo è. I primitivi usavano colori e strumenti musicali come avviene oggi, ma artisti e musicisti contemporanei possiedono differenti mezzi e linguaggi culturali. Le emozioni sono utensili, di cui fa uso la ragione".
- Com’è possibile divulgare la scienza, senza tradirla?
"Questo libro è rivolto a una vasta gamma di studiosi, raccogliendo risultati provenienti da numerose aree disciplinari. Ho scelto un linguaggio comprensibile a tutti, ma corretto dal punto di vista scientifico. Il sapere è sempre più settoriale, ma le scoperte ottenute in un campo posso aiutare altre branche della scienza. È come un grande puzzle, che è necessario ricomporre. Fuori dell’ambiente accademico, ritengo sia importante far capire alla gente che è possibile utilizzare alcune scoperte sul funzionamento del cervello in ambito didattico, per migliorare l’apprendimento e risolvere problemi di comprensione e memorizzazione".
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