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Quel Mucchio di energie che divampò sotto la Mole |
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Dario Voltolini, Tuttolibri – la Stampa, 30.08.2003 |
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Siamo all'inizio degli Anni 80 dello scorso secolo, a Torino. Un gruppo di giovani fiorisce attorno a qualche strumento musicale e all'interno del genere chiamato hard core, un primo passo di differenziazione nel punk di matrice inglese derivato da modi musicali ed espressivi americani. La scena torinese è viva, fuori dal circuito ufficiale accadono innumerevoli cose. Nel 1983, a febbraio, nel rogo del cinema Statuto muoiono 64 persone. La spaventosa tragedia colpisce la città, i locali pubblici di aggregazione si riducono drasticamente. La miscela di shock e misure di sicurezza potrebbe fare di Torino un deserto artistico, e in effetti saranno molte le realtà collettive che si troveranno in seria difficoltà. Su questo sfondo vediamo invece questi ragazzi, raccontati strepitosamente da Bernelli, superare di slancio ogni tipo di avversità, sempre rilanciando la sfida a un livello più alto. Certo, le storie dei gruppi giovanili hanno delle costanti: la vampata che subito si smorza, il naufragio dell'identità collettiva a causa di qualche scazzo fra amici, le vie tortuose dell'autoconsapevolezza, il puro e semplice caso. Ma qui invece sono raccontati anche i successi di gruppi come i Declino, i Negazione, gli Indigesti. Una forza che si autogenera in alcuni di questi ragazzi li porta oltre i confini della città: la scena è ormai italiana, Milano, la Toscana, Bologna. E poi fuori, in Europa, a Nord. E infine negli States, in fondo agli States, sull'ultima sponda, ancora un po' avanti, fino alla ringhiera estrema di un lungo pontile infilato nel Pacifico. E non si tratta di grandi circuiti, di impresari e di contratti milionari. Si tratta di pura e semplice passione, forza, energia e talento. La storia di questi ragazzi può riassumersi così: un'energia autoprodotta ti prende, ti brucia, ti porta avanti finché brucia. Silvio Bernelli era il bassista dei Declino, prima, e poi degli Indigesti. Con i ragazzi dell'altro gruppo (i Negazione) formavano "I ragazzi del Mucchio", nome che si erano dati in omaggio al Peckinpah del Mucchio selvaggio. E oggi ha deciso di raccontarci quegli anni, quella città, e quei ragazzi. Ma la cosa sorprendente è il tipo di libro che ne esce fuori. Oltre alla ricostruzione documentaria dall'interno che Bernelli può legittimamente offrirci, e che vale in sé come fotografia di un momento preciso, il notevolissimo senso del ritmo narrativo, l'asciuttezza e la vivacità dello stile e la compresenza dinamica di più piani fanno di questo lungo racconto una piccola gemma. Erano anni che non si trovava in un risvolto di copertina una frase così vera come questa: "Si fa leggere tutto d'un fiato". Un plauso allo staff di Sironi, allo scrittore Giulio Mozzi in particolare, curatore della collana “Indicativo presente”. Nelle pagine di questo libro c'è spazio per una rete di sentimenti complessi, come il senso di appartenenza, come il senso del tempo che ci allontana da noi stessi, come il senso di rimanere nonostante ciò noi stessi. In miniatura c'è una filosofia esistenziale senza proclami, senza arroganza, ma di tutto rispetto e assolutamente rigorosa. C'è una riflessione artistica precisa, una nobiltà quieta e consapevole. Fare, creare, inventare, sono azioni che definiscono una linea di crescita personale non meno che di gruppo. L'assenza di malinconia e rimpianto completano l'opera. E resta straordinaria questa lezione: una maturità che dei ragazzi si fabbricano, prima di avere vent'anni, come imparando da se stessi, mossi da una incoercibile voglia di vivere e pensare. |
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