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Adolescenze ribelli e nuove frontiere del punk italiano
Fulvio Panzeri, Avvenire, 07.08.2003
A Torino, all’inizio degli anni Ottanta, c’è “un sedicenne tormentato, chiuso in una stanzetta con un basso in mano e un fazzoletto sugli occhi”. Sta scoprendo un nuovo tipo di musica che lo affascina molto, una nuova frontiera al punk degli anni Settanta che stava lasciando spazio a una maggiore consapevolezza della realtà. Infatti le radio trasmettono le canzoni dei gruppi americani più radicali come Germs, X, Dead Kennedys. “Erano i primi esempi di hard core punk: un nuovo sottogenere musicale che mischiava l’immediatezza del rock’n’roll, rapidità di esecuzione mai sentita prima e liriche abrasive nei confronti della società, della politica e del potere dei media”. Niente a che vedere con il nichilismo che aveva caratterizzato la precedente stagione del punk, anzi lo straight edge, filosofia antidroghe importata degli Usa, è il loro stile di vita. Quel sedicenne tormentato si chiama Silvio Bernelli e nonostante “l’energia sprigionata dalla nuova musica” avesse convinto lui e i suoi più estrosi compagni di scuola a fondare un gruppo che voleva essere tosto come i Killing Joke e romantico come i Joy Division, non è diventato una rock star. Né lui né i suoi amici hanno mai piazzato una canzone in testa alla hit parade, né si possono vantare di vivere in ville con la piscina a forma di chitarra. Sono stati solo i protagonisti di una stagione intensa, vissuta nel mondo dell’underground, un territorio di locali occupati, abitato da ribelli anticonformisti. Non volevano diventare né ricchi né famosi e pensavano “che la musica fosse solo un mezzo per esprimersi e cementare l’amicizia che li legava”. Così questi musicisti che avevano formato gruppi quali Declino, Negazione e Indigesti erano conosciuti come “I ragazzi del Mucchio”. E ora la loro storia, visto che la stagione per tutti si è chiusa e oggi si trovano a fare mestieri molto diversi e a condurre vite quasi agli antipodi fra loro, è diventata un romanzo, raccontata da uno di loro, Silvio Bernelli appunto, che, con uno stile scabro, quanto mai efficace, ci racconta un’epica, quell’insieme di band, relazioni, ambienti e persone “che disegna i confini di un movimento giovanile”. È proprio lo scrittore Giulio Mozzi a ospitare questo testo nella collana indicativo presente che dirige per Sironi editore. Il titolo è I ragazzi del Mucchio (pagine 204, euro 11,50) e si presenta come un on the road dagli scantinati di Torino all’Europa che ama la musica indipendente e poi in tournée in America. E con loro “un pugno di inguaribili outsiders” che firmano i dischi insieme, legati da un forte senso dell’amicizia, si muove, al seguito delle band, un mondo giovanile degli anni Ottanta: un popolo di roadies, promoter, fan e sostenitori. Un libro che sarebbe piaciuto molto a Tondelli, soprattutto alla luce del consuntivo di Bernelli, il quale sostiene che le esperienze del Mucchio gli “abbiano donato, tra le altre cose, anche uno scarto di sensibilità, un moltiplicatore di emozioni. Qualcosa che mi rende più triste quando sono triste e più felice quando sono felice”.
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