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L’autopsia paesaggistica di Arminio |
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Vincenzo Romeo, Il Giornale d’Italia, 04.06.2003 |
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E’ uscito presso l’editore Sironi, un volume tra racconto e resoconto |
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“Ci sono esperti di armi e di coralli, di vermi e di stelle. Io sono esperto di paesi, quelli irpini, per la precisione. Essere esperto di paesi mi permette di riconoscere a prima vista quello che accade in un bar o su una panchina, così come l’esperto cacciatore prevede certi movimenti della selvaggina. (…) Mi permetto, dunque, di attribuirmi il titolo di paesologo. Il Paesologo non è l’erudito locale che sa tutti i nomi dei signorotti che hanno dominato un paese o conosce tutti i proverbi. E’ uno che studia il funzionamento di quei particolari organismi che sono i paesi. Uno studio che avviene tutto sul campo: i libri scritti sui paesi sono rarissimi, perché gli scrittori vivono in città e quelli che vivono nei paesi pensano ancora che la vita stia in città. Il paesologo si occupa di una realtà in estinzione, ma questo processo di estinzione ha molti aspetti, per cui egli studia le diverse forme che vanno prendendo i paesi: essi sono come i fiocchi di neve, non ce ne sono due uguali”. Queste sono le parole di Franco Arminio (Bisaccia, Avellino, 1960) nelle prime pagine del suo ultimo libro, Viaggio nel cratere (Sironi, pp. 192, euro 12,50), con una lettera di Gianni Celati: un libro appassionato, tra il racconto e il resoconto, che riunisce una ricca serie di pezzi di varia lunghezza, stesi fra il 1997 e il 2002; molti dei quali – ora riveduti – erano già comparsi in quotidiani nazionali e provinciali. La composizione di questo libro è dovuta alle visite, di un giorno o di poche ore, effettuate dall’autore in numerosi paesi della subregione irpina, circa vent’anni dopo il 23 novembre 1980, quando un violento terremoto fece molte vittime e arrecò gravissimi danni. Nei suoi giri Arminio ha fatto alcuni incontri – amministratori, professionisti, negozianti, anziani, vigili -, ha sostato in certi luoghi – piazza, scuola, comune, cimitero -, ha comprato qualche oggetto e ha letto le insegne, come a Lioni: “Nella piazzetta stanno affiancati, in una rassicurante adiacenza ludica, i videogames di Gioca-gio e un bar dall’insegna arabeggiante Il bacio della buona notte. Più avanti incontro il ristorante La Barca e il pub Carpe Diem.
Tornato a casa, il Nostro non si è limitato a descrivere, più o meno minuziosamente, tutto quello che avevo osservato, ma si è abbandonato anche ad alcune acute riflessioni, non tanto pessimistiche quanto realistiche, valide per tanti altri luoghi. Di qui nascono le critiche taglienti sulla cattiva gestione dei comuni da parte degli amministratori, sull’insensibilità e sull’ingordigia di architetti, geometri e ingegneri, responsabili dello strabolgimento della fisionomia dei paesi e dell’urbanizzazione selvaggia delle capagne; sulla disoccupazione, causa di emigrazione; sul basso tasso di natalità e sull’incomprensibile espansione edilizia, sull’individualismo atavico, sulla rassegnazione collettiva, sulla mancanza d’ideali e sulla scarsa voglia di ribellione dei giovani, sull’imbarbarimento dei costumi, sulla rottura delle tradizioni. Nella prosa spezzettata e affilata di Arminio dominano i periodi brevi, non mancano le frasi nominali e compaiono metafore – Conza della Campania “è una teca di rovine”; Zungoli “un luogo malinconico, ma di una malinconia ad acquarello, fatta di un grigio molto chiaro”; Casinali “è un alone lasciato sulla giacca dopo aver pulito una macchia’ – e similitudini – San Mango “oggi mi pare un quadro inclinato sul cavalletto. Tante linee, tanti colori, ma nessuna prospettiva”; “La vita a Morra sembra un conclave dell’abbandono”; “Trevico se ne sta chiusa come un libro che nessuno vuole più aprire” – che s’imprimono nella memoria. Pieno di riflessioni critiche e con immagini poetiche, Viaggio nel cratere è un piccolo grande libro, un brillante rapporto sull’odierna Irpinia, che riflette la ruralizzazione del mondo. |
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