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Due fisici e la bomba: un dramma shakespeariano del Novecento |
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Romeo Bassoli, L'Unità, 19.05.2003 |
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Esce in Italia il testo della pièce teatrale di Frayn che ricostruisce il difficile e misterioso incontro avvenuto nel 1941 tra Werner Heisenberg e Niels Bohr |
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È il tramonto di una serata d'autunno del 1941. Siamo a Copenaghen e un uomo alto, con gli occhi azzurri, profondamente emozionato cammina su un sentiero di ghiaia che gli è stato familiare. Davanti a lui, una porta in legno e una maniglia di ferro che gli permetterà di suonare il campanello. Quando quella porta si arpirà, avrà inizio un breve incontro che verrà ricordato nella storia con l'intesità di un dramma shakespeariano.
I protsgonisti sono due più uno. I principali, il fisico tedesco Werner Heisenberg, 40 anni, e il suo "padre scientifico" il danese Niels Bohr, 56 anni. La moglie di Bohr, Margrethe, è il testimone parziale di quell'incontro che avviene nella casa del fisico danese.
Il dramma è nel sovrapporsi dei ruoli che i due personaggi principali interpretano. Maestro e allievo, ambedue premi Nobel. Uno dei "Papi" della fisica mondiale e una delle giovani menti più brillanti della scienza. Lo scienziato "mezzo ebreo" cittadino di una nazione, la Danimarca, occupata cinque mesi prima dai nazisti e una delle figure più prestigiose del ristretto (dopo la fuga degli intellettuali ebrei) universo culturale tedesco. Infine - ma questo è un futuro che ai due, in quel pomeriggio, non è dato conoscere - l'uomo che fuggirà negli Stati Uniti per contribuire in modo decisivo alla costruzione della bomba atomica e il capo di un prgetto nucleare tedesco destinato al fallimento.
L'incontro, iniziato tra convenevoli di vecchi amici diventerà l'inizio di una delle tipiche passeggiate che i due facevano negli "anni belli". Ma questa volta la camminata durerà pochissimi minuti e si concluderà con una rottura brusca, insanabile. Bohr rientrerà in casa furibondo e Heisenberg andrà via quasi fuggendo. Nessuno dei protagonisti ne parlerà per anni e quando ne parlerà le versioni non coincideranno. Sarà questo mistero, intrecciato con ricostruzioni che tiravano in ballo spionaggio, dilemmi morali, rivalità scientifiche, a incastonare nella storia - non solo scientifica - del Novecento quell'avvenimento.
Cinque anni fa il commediografo e giornalista Michael Frayn ne ha tratto una pièce teatrale breve e intensissima il cui testo viene finalmente tradotto in italiano con il titolo "Copenaghen" (Sironi editore, 176 pagine, 14,50 euro) e il contributo dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Proprio in questi giorni, Copenaghen viene rappresentato a Modena (dal 21 al 25 maggio al Teatro Storchi).
Non è la prima volta che l'opera di Frayn (cui dobbiamo anche "Rumori fuori scena e "Miele selvatico") viene rappresentata in Italia, mentre la pubblicazione del testo colma finalmente un vuoto incomprensibile. Copenaghen è un'opera emozionante che riapre quella finestra mille volte aperta su un periodo umanamente, scientificamente, politicamente intensissimo che ha coinvolto tra gli anni Trenta e il 1945 la comunità mondiale dei fisici.
Il testo di Frayn offre tante versioni di quell'incontro quante sono state, nel corso dei decenni, le valutazioni di storici e colleghi dei due scienziati. E le mette in scena con le voci di Heisenberg, di Bohr e di sua moglie Margrethe in un tempo sancito dalla frase "adesso siamo tutti morti e sepolti…".
Così Heisenberg che chiede a Bohr se come fisico aveva il diritto morale di lavorare alla bomba. Oppure gli domanda ingenuamente se è possibile che gli scienziati del Reich e quelli antifascisti, anche quelli fuggiti in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, si mettano d'accordo per scongiurare la costruzione di una bomba atomica. Oppure cerca qualche impossibile gioco psicologico a suo vantaggio, a vantaggio della Germania o contro Hitler. Bohr che cerca di mantenere il suo ruolo di padre nobile ma è anche scandalizzato, impaurito, competitivo, sprezzante, ironico. E alla fine non ci sono buoni e cattivi. Resta la tensione di quegli anni, l'entusiasmo di una grande avventura intellettuale, le miserie umane e i drammi di un passaggio storico terribile. E un affetto profondo che lega ancora, dopo la morte, tre persone che si sono volute bene in una vita meravigliosa e difficile. |
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